giovedì 7 gennaio 2016

Il programma per la sinistra sovranista: un approccio metodologico. Parte I


Con quale metodo si compone un buon programma politico per una sinistra che voglia seriamente porsi il problema della UE e della deglobalizzazione quali orizzonti immediati di analisi e lotta politica; che cioè voglia senza infingimenti e giri di parole incardinare la propria proposta politica sul ripristino della sovranità nazionale, ma non per considerarla come fine a sé stessa o autosufficiente a risolvere qualsiasi contraddizione, ma come strumento e precondizione necessaria alla ricostruzione ed alla difesa di un modello sociale solidaristico, non competitivo, volto a riassorbire le sacche di emarginazione sociale e a riaprire la strada alla grande questione del socialismo?
Come si fa un programma che risponda a queste caratteristiche, questa è al momento la questione, non tanto ( almeno non adesso ) quali proposte inserirvi passaggio per passaggio.
Altra questione ancora, fondamentale e pressochè sconfinata, è quella che riguarda quale debba essere il linguaggio giusto per comunicare questa narrazione alternativa di paese, di società ( oso dire di senso della vita ) e far lievitare nella società il desiderio di realizzarla.
In quest'ultimo caso l'enorme questione da porsi consiste nel misurarsi con il profilo culturale ed intellettuale del popolo al quale ci si rivolge. Si tratta di una enorme questione che presuppone la capacità di un gruppo dirigente politico di saper ben interpretare bisogni ed aspirazioni frustrate che covano sotto la superficie dell'attuale apparente anomia sociale come latenti aspirazioni di riscatto e non solo. Occorre cogliere anche a fondo quale sia il senso delle ideologie dominanti che alimentano il consenso dei potenti, che gli viene tributato da chi pure ne viene danneggiato; occorre cogliere quali sono gli elementi di fondo della cultura popolare e gli elementi comunicativi sui quali i dominanti riescono a fare leva per compiere questa operazione, occorre capire profondamente tutti questi argomenti per saper costruire un discorso culturale e politico che destrutturi, ed infine delegittimi di fronte all'opinione pubblica, la narrazione dominante aprendo il campo alla costituzione di un consenso in favore di una diversa nuova grande narrazione, in quest'ultimo caso però antisistemica.
Quest'ultima questione è la lotta per l'egemonia culturale, e su questo preferirei glissare anche perchè mi sento decisamente inadeguato ad affrontare un problema così enorme.

Dunque a livello metodologico e nelle sue linee generali quali dovrebbero essere i principi e le proposizioni di massima sui quali incardinare il programma di una sinistra nuova ed all'altezza di questi tempi, cioè di una sinistra sovranista?Stabilire questi principi di massima è più semplice che capire come, su quali argomenti ed attraverso quali strumenti comunicativi, realizzare una battaglia per l'egemonia culturale che abbia possibilità di vittoria, perchè pur non esistendo ancora una seria sinistra sovranista in Italia sappiamo molto di quali dovrebbero essere le fondamenta del suo progetto programmatico.
Infatti alcune sue caratteristiche sono ovvie nel senso che, se e quando esisterà, dovrà necessariamente averle, a meno di non essere un vero programma politico, o di non essere di sinistra, o di non essere sovranista o ancora nessuna delle tre.

Ad un livello di precondizioni metodologiche credo che le caratteristiche essenziali debbano essere cinque, e credo che questi prìncipi siano relativamente facili da individuare perchè valgono per qualsiasi programma politico ( qua e la inserirò anche elementi caratterizzanti come "di sinistra" e "sovranista", ma parto dal livello di generalizzazione massima ): consequenzialità logica, ragionevolezza non estremistica e non settaria, implementabilità, confrontabilità, incompletezza.

Consequenzialità logica ( possiamo anche definirla come coerenza interna ):
Un programma politico deve, appunto, essere tale.
Non può e non deve essere una wishlist di cazzabubbole completamente scollegate tra loro o concettualmente in reciproco conflitto.
Questo impone il compiere delle scelte e l'avere il tanto di spina dorsale necessaria a portarle avanti fino alle proprie naturali conseguenze logiche che bisogna avere coraggio ed onestà di esternare e motivare, indipendentemente dal fatto che si verrà politicamente e mediaticamente criminalizzati per il semplice fatto di cercare di darsi questa basilare regola di massima, dato che ormai il Paese risulta abituato a programmi politici costruiti intorno a battute pubblicitarie scollegate, a destra da Berlusconi a Renzi passando per Salvini, o a wishlists di buoni sentimenti totalmente sprovvisti di coerenza interna che però sono riuscite ad imporre un canone del politicamente corretto.
Esempi concreti: non si può perorare la causa della ricostituzione dello stato sociale e della difesa della sua universalità e gratuità, non si può difendere la causa della spesa pubblica per restituire allo Stato un ruolo attivo nell'economia per perseguire la piena occupazione e non si può essere genericamente per il rafforzamento della democrazia, ed essere in favore dell'Unione Europea e della sua riformabilità.
Ciò era evidente già 20 anni fa dalla forma che si diede ai suoi trattati costitutivi.
Non prenderne ancor oggi atto, dopo quanto accaduto in Grecia e dopo le elezioni portoghesi, espone semplicemente al ridicolo.
Fin qui dovremmo essere alla banalità se si vuole darsi un taglio sovranista, ma allora in che senso se ci si vuol dare un taglio che sia anche di sinistra, la consequenzialità logica dovrebbe inevitabilmente portarci in rotta di collisione anche col canone del politicamente corretto?Il perchè è amaro ma è presto detto: l'economia politica è la scienza sociale alla base della gestione di risorse scarse, e possiamo lungamente discutere a secondo di quanto siamo ortodossi o eterodossi di quanto effettivamente scarse o quanto riproducibili siano queste benedette risorse, ma concettualmente essere risultano comunque scarse in quanto inevitabilmente limitate.
Per questo motivo non si può chiedere assistenza sociale di base gratuita per tutti i cittadini e contemporaneamente libertà di immigrazione e di cittadinanza rivolta al mondo intero.
Non occorre aggiungere altro.
Ma anche solo per questo bisogna mettere in conto che chi già aveva la categoria del sovranismo sul gozzo, non mancherà di inventarsi accuse completamente idiote di razzismo.
Miserie umane ed intellettuali che sarà bene mettere in conto fin da principio, facendosi forti dell'idea che se si vuol essere di sinistra allora si deve cercare di costruire la società più accogliente e solidaristica possibile, il che presuppone che purtroppo non tutto lo sia, e che senza un po' di sano realismo non si va da nessuna parte.
La lotta contro i potenti è difficile, la lotta contro il buon senso invece è solo inutile e ridicola.


Ragionevolezza non estremistica e non settaria:in una fase costituente di sinistra occorre evitare che problemi e argomenti che a qualcuno appaiono assolutamente cruciali diventino fonte di rottura perché altri danno invece ad essi meno rilevanza.
L'abilità politica in questo caso risiede nel saper compiere operazione di sintesi tra posizioni non del tutto coincidenti, o di integrazione di intere argomentazioni se esse non conducono ad una frammentazione del movimento costituendo.
Qualcuno sarà più sensibile di altri alle questioni ambientali, qualcun'altro sarà più sensibile di altri alla questione delle libertà civili. Ci vuol buonsenso nel cercare di venirsi incontro pur mantenendo qualche paletto fondamentale.
Qualche esempio concreto: non ritenere necessaria la possibilità per le persone omosessuali di contrarre matrimonio, e non ritenere necessario il darsi una legislazione sul fine vita che permetta a ciascuno di poter morire serenamente e senza sofferenze percepite come inutili dal proprio individuale e insindacabile punto di vista, non solo non è difendibile da sinistra ma è proprio una manifestazione di spirito reazionario/confessionalista/discriminatorio completamente antistorica.
Altra questione importante, soprattutto in questa fase, è non frammentarsi sui nominalismi.
In una fase storica, lo dico da comunista, nella quale i comunisti sono al gancio traino di eventi più grandi di loro e nella quale Marx viene rivalutato come profetico finanche dal Financial Times, mentre contemporaneamente la UE mette Keynes e non Marx di fatto fuorilegge - può non piacere ma è così - dividersi come tradizionalmente si è fatto in riformisti e rivoluzionari pretendendo che le due categorie rimangano tra loro non comunicanti non è neanche sciocco, è proprio ridicolo.
Tanto più che le basi teoriche delle ragioni di entrambe le parti vanno ri-portate continuamente all'altezza dei tempi, e qua pur senza rinnegare nulla c'è in ogni caso molto da svecchiare, sia che nativamente sia sia rivoluzionari, sia che nativamente si sia socialdemocratici o riformisti.
Questo percorso andrà fatto insieme, pena il rimanere relegati nella riserva indiana dell'irrilevanza politico-testimoniale.

Incompletezza:l'argomento dell'incompletezza si congiunge molto da vicino col precedente argomento del rifiuto del settarismo. Così come per qualcuno alcuni temi saranno più importanti di altri, come in parte già detto, alcuni altri temi mancheranno del tutto in un programma pur stilato con le migliori intenzioni e la massima serietà possibile e primo o dopo, inevitabilmente, qualcuno lo farà notare.
Siamo solo uomini e donne, imperfetti e limitati. Per quanto ci sforzeremo di essere seri e di darci vasti orizzonti, non potremo mai essere omnicomprensivi.
L'atteggiamento, in questo senso, è importante perchè in assenza nel programma di aspetti anche rilevanti, ciò non deve portare al rifiuto delle parti che vengano riconosciute come valide, ma a uno sforzo comune per il suo completamento con quelle parti che si faranno avanti segnalando una mancanza.

Implementabilità:Con ciò si intende che il programma deve potere essere la base argomentativa che costituisca la ragione profonda di politiche specifiche.
Sarebbe assurdo proporre un programma politico in cui si individua il sito dell'inceneritore di Vattelapesca, o il tracciato della nuova strada provinciale sp XYZ; però il programma deve potere fornire linee-guida per politiche attuabili sia per quel che riguara la gestione ecosostenibile dei rifiuti sia della gestione della rete infrastrutturale.
Ancora un esempio: quando chiediamo un'estensione dello stato sociale riteniamo che sia possibile elaborare politiche fiscali coerenti con questo obiettivo, e realizzabili. E dobbiamo saper argomentare perchè una proposta precisa sia effettivamente finanziabile, spiegando come.
Se parliamo di uscita dall'euro non potremo definire in anticipo quali saranno tutti i passaggi della gestione politica della transizione dall'euro ad una nuova divisa nazionale, semplicemente perchè nessuno ha la sfera di cristallo e la transizione sarà governata in inevitabili condizioni emergenziali.
Ma dobbiamo saper spiegare perchè l'uscita dall'euro non è un salto nel vuoto, cosa costa rimanerci dentro e cosa si può guadagnare uscendone in un determinato modo, e quali ancora sarebbe i costi uscendone in un determinato altro modo. Il discrimine tra le varie modalità possibili è di classe, evidentemente.
Bisogna infine saper prospettare tempistiche, che non saranno precise ma dovranno almeno essere realistiche, entro le quali si estinguerà la situazione emergenziale ed in nome di cosa e proponendosi quali obiettivi si vorranno utilizzare le ripristinate condizioni di sovranità, facendo analisi comprensibili e quanto più possibili circostanziate a prova della praticabilità del percorso.
L'UE può essere un inferno, ma se non si prospetta una alternativa concreta e praticabile sapendo descrivere dettagliatamente, non ci sarà mai una maggioranza elettorale che legittimi un salto nel vuoto dando, col voto, un mandato in bianco per non si capisce bene cosa.

Confrontabilità:
con quest'ultimo principio si intende che le singole scelte politiche compiute devono poter essere concretamente ed intituitivamente confrontate con la palese ratio di fondo del programma nel suo insieme.
"Il bene dell'umanità" non è un obiettivo confrontabile con un bel niente perché è troppo opinabile, generico e perchè chiunque può dire che lo sta perseguendo, anche soggetti che in contemporanea stiano realizzando progetti politici tra loro opposti.
"l'irrigidimento delle condizioni contrattuali del lavoro dipendente" è un principio verificabile e confrontabile con il senso generale del programma perché, in linea di massima, è chiaro se
un provvedimento vada in questa direzione o in direzione contraria.
Infine, sempre perchè siamo solo uomini e donne cioè tantissimo e pochissimo al tempo stesso, credo che in generale bisognerebbe rifuggire dal fare politica in nome di imperativi assoluti ed Assolute Verità Totalizzanti.
Diamoci obiettivi ambiziosissimi, ma facciamolo volando bassi.
Può sembrare un bell'esempio di contraddizione dialettica e invece, scusate il personalismo, è il fulcro del mio modo di vedere il mondo e ci tengo parecchio.
Espriamiamo pure un'idea profonda di umanesimo per la quale combattere, ma lasciamo le Verità Assoluta ai preti di ogni confessione.
La politica si deve occupare di ciò che è utile, giusto ed equo per soggettività ristrette e circoscritte sia come soggetto sociale, sia come soggetto storico in evoluzione entro archi temporali ben identificati.
Esiste un bene ed un giusto per specifiche realtà sociali, in epoche storiche specifiche.
Non sto affermando quindi che il "bene" non esista, ma che non esiste un "bene" che non sia circostanziato e circoscritto.
Mobilitiamoci quindi per beni e verità confrontabili con la nostra natura, soltanto umana, e lasciamo la pretesa di assolutizzare le nostre motivazioni alle nostre dimensioni private ed alla sfera della fede ( per chi ce l'ha. Non io, ad esempio ).
Un monito in tal senso: non timentichiamoci mai che ad Utøya anche Anders Breivik ha ucciso 77 ragazze e ragazzi, in maggioranza ancora minorenni, nella convinzione di farlo per "il bene dell'umanità".
Non era pazzo, era solo un razzista criminale.
Questo ricordo però ci da l'idea di quanto sfuggente e potenzialmente pericolosa, in politica, possa essere la presunzione di maneggiare il bene ed il male in termini totalizzanti, assoluti, astratti da tempi, modi, metodi e circostanze.
Essere ambiziosi, volando bassi.


Utøya
Ci sarebbe molto altro da dire ma non posso scrivere un trattato in un singolo post; seguirà quindi una Parte II.






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