mercoledì 20 gennaio 2016

Il delirio filosofico del giorno.

A premessa: nessuno si offenda.
Ribadisco: nessuno si offenda! col punto esclamativo.
Perchè lo so che quando si toccano i "maestri" si scatenano le guerre di religione, ma io ho diritto alla mia coscienza ed anche alle mie crisi di coscienza.
E da questo punto di vista invito a far come me - e sono attaccabile su tutto il resto ma non su questo - cioè invito ad essere capaci di non trasformare mai una questione politica e ideale in una questione personale.
Io sto ragionando astrattamente, non personalmente.
Lecito non essere d'accordo, quindi, ma completamente fuori luogo sarebbe offendersi personalmente.
Non sono un esperto di filosofia, ma per trovare spiegazioni plausibili ad un sacco di miei recenti tormenti interiori, sto leggendo tante cose e ci sto riflettendo sopra.
Non ho la pretesa di aver tratto conclusioni definitive e mi limito a dire che queste sono le mie impressioni, che non spostano di una virgola la mia stima nei confronti di compagni e compagne che conosco che su alcuni autori hanno opinione diversa dalla mia, ma che considero ugualmente Compagni con la C maiuscola.
Tuttavia credo ci siano dei "binarti morti" in certe teorie che, più ci penso, più reputo tali.
E siccome questo è il luogo dei miei appunti ideali non trovo perchè non spiegarne ( in primis a me stesso ) la ragione.
Ad ogni modo non pubblicizzerò attraverso altri canali questo post.
Lo scrivo veramente più per me stesso che per altro.
Se tornerò su concetti simili lo farò per smontare un recente articolo di Michéa che mi si è particolarmente rimasto incagliato sul gozzo e odioso, e che proprio non mi va giù.
Per il resto, se siete cultori di Preve, non per questo vi considero in malafede.
Ma ciò non toglie che da quel che son riuscito a capire, credo che l'ultimo Preve di cantonate ne abbia prese. E pure belle grosse, e non riflettere sul perchè non gioverebbe proprio a nessuno.

Partiamo dalla catastrofe e dal pantano in cui è invischiata la sinistra contemporanea italiana per propria stessa colpa.
Di fronte a questa sinistra la necessità del ripudio è ineludibile, ma il ripudio deve riguardare secondo me il "questa", non la "sinistra".
Così come sull'idea di progresso bisogna avere sguardo critico, rifiutandone la mitizzazione tecnicizzata ( il positivismo ) ma senza perdere di vista il fatto che senza progresso, di emancipazione, se ne costruisce ben poca.
Se ci si lancia nel ripudio della sinistra tout court ci si trova di fronte alla necessità di farlo ab ovo, e si finisce non solo per "dannare" il povero Engels che tutto merita fuorchè d'esser dannato.
Ma, peggio, ci si ritrova a espungere da Marx tutta la parte che riguarda l'economia, e magari anche la filosofia della storia, in un - a mio avviso maldestro - tentativo di ritenerne soltanto la parte idealistica che potremmo considerare come più o meno somigliante ad Hegel.
( il fatto che a me, di Marx, affascini in particolare la concezione materialistica della storia cioè il materialismo storico come metodo, e che quindi contempli ampio eclettismo circa i tecnicismi economici e che abbia in generale maggior difficoltà a capirlo nella parte strettamente filosofica che invece piace a chi è oggetto della mia critica, è del tutto personale, ma credo non infici il valore del ragionamento generale )
Cioè ci si ritrova di fronte ad un tentativo di ritenere di Marx solo ciò che ha lasciato minor traccia nella storia della sinistra.
“Se questo argomento è stato il meno considerato nella sua storia dalla sinistra borghese, vuol dire che questa era la parte buona e il resto si può anche cestinarlo”, questa vorrebbe essere la ratio di fondo dell’operazione.
A questo punto, però, già non si capisce più perchè pretendere di definirsi marxisti invece che hegeliani....dato che di un pensatore non si può ritenere solo qualcosina, dopo ampia opera di decontestualizzazione, senza con ciò stesso distorcerne radicalmente il pensiero d'insieme.
Ma soprattutto in questo tentativo di rivalutare l'Hegel politico volendo a tutti i costi trovarne in Marx una continuità più che una evoluzione che, assunto un punto di partenza poi preveda anche delle drastiche rotture ( e non solo una fonte di iniziale ispirazione che poi è evoluta verso altro ), si finisce fatalmente per rivalutare il suo concetto di "stato etico" mai inviso ai dominanti; perchè come giustamente scriveva Russell nel saggio Scienza e Religione, il bravo cittadino secondo Hegel era quello che alla fine obbediva alla polizia.

D'altra parte lo stato etico di Hegel voleva essere il superamento delle teorie giusnaturalistiche e contrattualiste precedenti, che erano teorie cresciute in seno ad una borghesia individualista.
Ma la dove vi sia rifiuto dell'individualismo, ma non della morale borghese e delle "tradizioni" sulle quali essa si fonda, tale critica si svolge "guardando avanti ma ripescando indietro"; cioè pensando di costruire il futuro ripescando valori addirittura premoderni.

Se si commette questo errore si perde di vista il profilo politico di Hegel neanche conservatore, ma direttamente reazionario; rivolto alla difesa degli interessi degli junkers prussiani.
Così si finisce per perdere di vista anche il fatto che, in ultima istanza, il contrattualismo di Rousseau sarà stato borghese finchè volete ma era pur sempre un passo in avanti sul quale non sputare rispetto al giusnaturalismo, che a sua volta era un bel passo in avanti rispetto al precedente concetto di diritto divino.

E così via, rinnegando di passaggio in passaggio ogni singolo passo in avanti perchè lo si vede come "borghese e quindi legato alla sinistra", si finisce per impantanarsi nel filone che sembra quasi essere la moda del momento: il tentativo di trovare dei punti di riferimento assoluti e fermi nella storia del concetto di bene, astratti dalla contestualizzazione temporale e quindi sociale.
Una idea di bene assoluto e fuori dal tempo che quindi finisca per essere la riscoperta di una Tradizione ( occhio, scritto con la T maiuscola..... ) che ci muoverebbe verso il bene, praticamente innata, da ricercare dentro noi stessi.
Approccio da cui discende il tentativo di voler in qualche modo riabilitare Heidegger, non si capisce bene per farne cosa, che conduce fatalmente a ritenere che Lenin e Spengler ( o Gramsci e Gentile ) siano infine la stessa cosa semplicemente perchè entrambi ritenevano di avere qualcosa da ridire sul capitalismo.
Il che è inevitabilmente un'eresia, o per essere più precisi una CAZZATA.

Credo che su questo aspetto sia stato sufficientemente tranchant, chiaro, sintetico e definitivo Azzarà:
<
Limitarsi a condannare l’antisemitismo di Heidegger cercando di salvare la sua filosofia è un tentativo disperato, perché l’antisemitismo dell’autore di "Essere e tempo" non ha una dimensione naturalistica, bensì culturale: per lui ‘giudaismo mondiale’ è anzitutto sinonimo di modernità, di umanesimo. La filosofia di Heidegger va rigettata non (solo) in quanto antisemita, ma (soprattutto) in quanto intrinsecamente reazionaria>
Al di la di qualsiasi mistificatoria “caccia al rozzo-bruno”, secondo me abbastanza priva di senso perchè in realtà non credo vi sia da parte di nessuno una volontà cosciente di costruire un rapporto di intelligenza col nemico, è questo - credo - il comunque grave errore di fondo dei vari Jean Claude Michéa, o dell’ultimo Preve e dei loro più giovani epigoni tra i quali risalta Fusaro.
Il senso della loro ricerca si muove in una direzione che è un binario morto.
Non sono mai realmente esistite “terze posizioni” né di destra né di sinistra, o al di la dell'una e dell'altra, rivoluzionarie per costruire il domani che possano fondare sul ripescare un impianto valoriale remotamente alle proprie spalle.
Per come la giri e la rivolti non potrai mai coniugare Spengler con Lenin e se questo valeva 100 anni fa, la conseguenza è che vige oggi il principio per cui, su vari aspetti analitici a proposito del presente, può pure capitare di ritrovarsi d’accordo con un de Benoist ( e non c’è bisogno di strapparsi i capelli per questo ).
Ma costui è sempre stato e resta un reazionario, anche se non può più essere categorizzato come neonazista, e sul terreno sul quale lui si muove a proprio agio, in ultima istanza, nessuna vera causa di emancipazione può riuscire a camminare.
Per contro, piaccia o meno, solo i fascisti possono fare parecchia strada su quello stesso terreno.
Thomas Mann era un conservatore e tuttavia una persona per bene, oltre che un grande scrittore. Criminalizzarlo per essere stato conservatore ed antiliberale non avrebbe senso, ma non bisogna perdere di vista che essere antiliberali ( come anche la sinistra deve essere ) su basi conservatrici e quindi non antiborghesi, crea percorsi politici che, se percorsi con consequenzialità, sono agibili soltanto per gli Schmitt o gli Evola.


Puoi girarla e rivoltarla come vuoi, puoi non condividere le ragioni dei fascisti, ma su queste basi il rischio è ritrovarsi a spianar loro la strada.

Ciò che sta succedendo è l'effetto di una grave sconfitta politica che abbiamo subito da parte del nemico di classe nell'epoca della modernità.
Il nemico si è preso in pugno la modernità e l'ha trasformata in una postmodernità ripugnante ( la post democrazia, i mercati transnazionali che s'impossano della sovranità nell'epoca del post stato, vanificando il senso stesso dell'idea di sovranità dei cittadini. Etc. etc. ).
A fronte del comprensibile e pure giusto rifiuto del postmoderno molti di noi stanno reagendo in modo pessimo recuperando tentazioni premoderne.
Così facendo si perde di vista il senso della tragicità di una rivoluzione passiva che non si dovrebbe assecondare, e al postmoderno non si oppone un'altra modernità ma il suo contrario speculare, non rendendoci conto che il riflesso nello specchio e la cosa riflessa sembrano soltanto opposti ma sono la stessa cosa.

Una rivoluzione passiva può sempre e solo essere una restaurazione.
O rimaniamo capaci di ambire ad una rivoluzione attiva o perdiamo il senso di noi stessi.
Sarà forse perchè ho avuto in vita mia la fortuna di conoscere bene un mio bisnonno, morto a 104 anni quando io ne avevo già 24, e col quale ho potuto parlare molto a lungo mentre ero già abbastanza grande per capire.
Il mio sarà anche un approccio da empirista ma una cosa penso di averla imparata dal confronto con chi aveva vissuto veramente un altro mondo, un mondo passato, un mondo in pratica premoderno rispetto al nostro.
Ciò che credo di aver imparato è che qualsiasi modernità, finanche la modernità capitalistica, è non solo migliore di *questa* postmodernità ma soprattutto è migliore di *qualsiasi* premodernità.

Restare moderni è il modo che abbiamo per restare umani.

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