lunedì 28 novembre 2016

Un NO per cambiare.

Apro con un sentito omaggio a Fidel, in un momento nel quale anche il nostro paese attraversa una fase critica.
Socialismo, Patria o Morte!

Cercherò di articolare un ampio discorso per spiegare le ragioni del mio "NO" al riferendum costituzionale del 4 Dicembre 2016 e per spiegare per quali motivi io ritenga questa scelta un passaggio preliminare per poter costruire una alternativa politica popolare e socialista nel Paese.
Cercherò infine di spiegare il senso profondamente reazionario e le modalità eversive della revisione costituzionale propalataci da Renzi e dal suo partito che sempre più merita la qualifica di canale di scolo della Storia.

Un passaggio preliminare estremamente importante è intendersi su quale sia il reale significato politico di una costituzione.Una costituzione non è banalmente un insieme di articoli e paragrafi che descrivono delle forme istituzionali e delle regole che governano la convivenza degli abitanti di uno specifico paese; una costituzione è uno strumento giuridico attraverso il quale si cristallizzano e trovano una propria materializzazione in forma istituzionale, i rapporti sociali che innervano una data società.
Le costituzioni evolvono perchè i rapporti sociali, i rapporti di produzione, i rapporti di forza tra classi, evolvono.
Non necessariamente in senso progressivo, purtroppo.
In ogni caso la formalizzazione istituzionale segue e codifica ciò che nella società ha avuto luogo, non il contrario.
Quindi un primo argomento della retorica governativa può considerarsi già smontato: un Paese quadrato non diventa rotondo perchè gli si impone una costituzione rotonda.
Non si cambia l'Italia cambiandone la Costituzione; le Costituzioni servono, al contrario, a fotografare l'esistente e a renderlo più o meno reversibile apliando o restringendo gli spazi di partecipazione, autorappresentazione e autodeterminazione delle classi sociali, specialmente quelle subalterne che hanno un ovvio ed immediato motivo per aspirare al cambiamento.
Possono perciò avvenire due tipi di riforme ( o rivoluzioni ) che si riverberano sulle forme istituzionali mutandole: quelle dal basso, alimentate dalla rivolta degli esclusi e dei subalterni che conquistano maggior potere e quelle dall'alto, le rivoluzioni passive, alimentate dai ceti e dalle classi dominanti e finalizzate a rendere più difficilmente reversibili i rapporti di subordinazione che si sono instaurati ai danni degli sfruttati.
Dato che in questa circostanza non era il popolo in piazza a invocare una nuova costituente ma è stato un governo in carica a cercare di imporre la propria nuova costituzione, è chiaro che il NO popolare serve a cambiare e il SI governativo serve a cambiar tutto affinchè nulla cambi.
Nella Storia troviamo sistematico riscontro di tale tipo di dinamica istituzionale che segue alle dinamiche sociali nel fatto che ogni fase rivoluzionaria si conclude, normalmente, con una fase costituente: un ordine sociale prende il posto di un altro ordine che è stato superato, si è esaurito o è stato abbattuto.
Così è sempre stato dalla Rivoluzione Americana del 1776 e dalla successiva fase costituente del 1787-1789 e in ambito europeo dalla Risoluzione Francese iniziata nel 1789 e coronata dalla fase costituente del 1793-1795.
L'Italia e i paesi europei nel proprio insieme non sono stati da meno.
Il secondo dopoguerra non ha avuto il senso di una rivoluzione come in Russia nel 1917 ma ha avuto portata forse ancor più vasta ed effetti paragonabili; la fine della più grande catastrofe nella storia dell'uomo ha abrogato nella maggior parte dei paesi europei l'ordine costituito precedente la guerra e ha portato ad una fase costituente, che ha visto nascere le democrazie parlamentari cui siamo abituati. Costruite su un impianto concettuale di natura kelseniana, cioè sul principio delle decisione il più possibile condivise e su un principio di ampia rappresentatività dei vari strati popolari e delle classi sociali nelle istituzioni, esse hanno anche un impianto fortemente garantista rispetto alla prospettiva di una nuova concentrazione di poteri, non prevedono la possibilità di sospendere le garanzie democratiche e costituzionali neanche in casi di eccezione istituendo la legge marziale, eccetera.
Spesso, inoltre, recepiscono elementi di eguaglianza sostanziale ed impegnano i vari paesi a perseguire proattivamente questi stessi obiettivi, a costo di porre con vigore costituzionale un limite alle libertà negative ( le libertà economiche ) proprio allo scopo di rendere concretamente esigibili una serie di libertà positive fondate su principio di eguaglianza che lo Stato è proattivamente impegnato a realizzare.
In questo senso la Costituzione della Repubblica Italiana è probabilmente la Costituzione più avanzata in assoluto e proprio questi principi sono quegli elementi di socialismo di cui le costituzioni nate nel dopoguerra sono intrise, stigmatizzati dal famoso report stilato dalla banca d'affati JP Morgan al fine di suggerire ai governi europei le riforme necessarie per normalizzare le proprie istituzioni e la vita sociale alle durezze del vivere proprie della globalizzazione capitalistica e segnatamente al fine di rendere sostenibile l'eurozona ( l'ammissione implicita è che, a costituzioni democratiche e socialisteggianti in vigore, essa sostenibile non è. E acquisito il dato, specialmente a sinistra, mettiamo la parola fine a questa questione ).
Dato che le democrazie europee ( vicenda della crisi Greca, difficoltà nell'elezione di un nuovo governo in Portogallo, elezioni andate a vuoto, ripetute e difficoltà a formare un governo in Spagna, Loi Travail in Francia approvata bypassando il parlamento con milioni di lavoratori in piazza, Brexit, etc. ) stanno collassando una ad una in contemporanea, evidentemente il problema sotteso è comune e la vicenda della riforma costituzionale in Italia si pone nel solco di una crisi politica che ha portata almeno continentale.
Stanno venendo al pettine i nodi politici della globalizzazione e della a-democraticità del modello delle multilevel governance sul quale è costruita la UE, che della globalizzazione capitalistica è epifenomeno regionale.
Il trilemma di Rodrik è la grande questione politica di questa fase storica che andrebbe risolta.
Rodrik suggerisce: Le democrazie hanno il diritto di proteggere i loro assetti sociali, e quando tale diritto entra in conflitto con le esigenze dell'economia globale, è quest'ultima che deve cedere il passo.Questa idea fonda sull'analisi delle scelte che può compiere un paese normalmente sovrano e, auspicabilmente, democratico.
Purtroppo però all'interno dell'Unione Europea esistono vincoli molto pesanti all'effettiva sovranità degli stati e il risultato è che le classi dominanti stanno imponendoci una soluzione particolamente restrittiva del trilemma: nella formulazione originale si possono avere solo due prerogative contemporeamente su 3 ( la scelta è tra democrazia, sovranità degli stati, integrazione dei mercati ), in Europa ci stanno invece imponendo di rinunciare sia alla democrazia sostanziale, lasciando in piedi solo un vuoto simulacro di quella formale, sia alla sovranità degli stati pur di salvare l'integrazione dei mercati.
La costituzione renziana si pone in questo solco e tanto basterebbe a respingerla, semplicemente avendo chiara in mente quale sia la posta in gioco.

Nel merito un corno; cioè perchè la democrazia e la costituzione sostanziali sono cose troppo importanti per lasciare difendere dai soli costituzionalisti e perchè non si deve lasciare al governo la scelta su quale debba essere il terreno di scontro dialettico e politico.Un referendum constituzionale, a maggior ragione se nato in circostanze eccezionali e gravi provocando profonde spaccature, non è mai un esame di diritto pubblico o costituzionale ma è un passaggio storico-politico che deve essere valutato nel proprio insieme e sul quale le persone voteranno esprimendo un giudizio sintetico-generale che contiene un giusto e sacrosanto giudizio di merito anche sul governo che ha di fronte.
Il testo non è quindi né valutabile né disgiungibile dal contesto - storico e sociale - nel quale si cala e dal modo col quale si presenta alla cittadinanza.
Siccome inoltre stiamo parlando di una contesa politica cruciale, accettare l'invito dell'avversario a stare nel merito significa accettare di lasciarsi trasportare su quel terreno sul quale sanno di avere già vinto, non perchè gli argomenti tecnici siano più solidi ma parchè focalizzandosi su ristrette questioni tecniche si perde di vista il significato politico generale, che è proprio ciò che vogliono nascondere dietro la cortina fumogena dei tecnicismi e che è il terreno sul quale possono perdere.
Per noi, quindi, il merito deve essere il significato politico generale.E' il governo che ha bisogno di un nulla osta alla propria riforma: si assumano loro la briga di andare a spiegare agli esodati e ai precari voucherizzati da questo stesso governo, che stanno facendo una vita grama per colpa del bicameralismo perfetto!
Vedremo quanto riusciranno a risultare credibili; in ogni caso non ha senso che gli semplifichiamo noi la vita inseguendoli su terreni di contesa fuorvianti.
Inoltre, come ha giustamente segnalato Stefano G. Azzarà:
<Nel merito un corno
Chi ti chiede di "entrare nel merito" di una proposta costituzionale fatta in maniera unilaterale e ispirata a una concezione maggioritaria del potere ti trascina sul suo terreno e pian piano ti porta a considerare normale e degno di dibattito persino il ripristino delle forme istituzionali liberali predemocratiche.
"Sai caro, vorrei reintrodurre alcuni elementi di schiavitù, ma entriamo nel merito come persone educate e senza demonizzare, altrimenti vuol dire che siete prevenuti e volete personalizzare la questione".
Non è così che funziona in politica, dove ci si posiziona anzitutto attorno a un conflitto cruciale mentre tutto il resto è secondario.
E nello specifico ciò che unicamente è qui in discussione è il grado di faccia di culo di questi banditi e l urgente opportunità di sostituirli con chiunque, anche con il primo che passa per strada. Soprattutto se costui è anche un pelino meno arrogante e promette di farci divertire di più.
In sostanza respingete questa trappola a meno che non sia utile a convincere qualche povero di spirito innamorato dei formalismi. E non state a perdere tempo in chiacchiere, perche l argomento da usare è uno e uno solo: Renzi merda, votate No.
E alla fine non sentitevi in colpa, perché anche quegli altri, nonostante facciano i professorini, agiranno esattamente secondo questa logica.
Che poi è l'unica logica che rimane alla politica ogni volta che i passaggi della storia ci mettono di fronte al riaffiorare periodico dello stato di natura.>

Una riforma di destra, praticamente reazionaria.
Senza addentrarci in diatribe epistemologiche troppo approfondite e in sottili distinzioni tra i vari modi per essere di sinistra, possiamo sinteticamente esprimere cosa significhi essere di sinistra nel senso nobile del termine, ovvero quel senso che è stato ignomignosiamente ucciso se facciamo riferimento alla topologia parlamentare.
Sinistra è:
1) Unire e organizzare i soggetti deboli, sfruttati, esclusi e muniti di minor poter contrattuale rispetto a chi dispone di maggiori capitali, facendo valere in forma organizzata l'unico potere che essi possono far valere e cioè quello di essere più numerosi.
2) Ampliare le basi di rappresentanza e rappresentantività, rendendole più orizzontali e ampliando le base di condivisione delle scelte, dato che tanto più grandi e ampie esse saranno tanto più sarà possibile per i subalterni accedere alla rappresentanza stessa dei propri interessi e farsi valere. Il processo inverso, il restringimento della base di rappresentanza e la verticalizzazione dei processi decisionali, favorisce i pochi in partenza più potenti.
3) Rendere più diretto il vincolo tra rappresentanti e rappresentanti, perchè chi ha grandi e ristretti interessi è nella posizione di poter comprare e non di essere comprato. Più il vincolo è forte, al contrario, più i deboli sono tutelati. Ciò può essere fatto anche salvando il principio costituzionale dell'assenza del vincolo di mandato, ma almeno deve esserci la possibilità di scegliere i candidati entro collegi e circoscrizioni chiare. ( storicamente la forza di questo vincolo, sia secondo il modello del consiliarismo di Lenin e del soviet sia secondo il modello di Marx proposto ne La guerra civile in Francia, si sostanzia nella revocabilità del mandato e in ogni caso nella scelta diretta e nominale del rappresentante ).
Nella costituzione renziana invece:
a) il popolo viene ancor più spaccato e diviso di quanto già non fosse, già nel percorso di approvazione della nuova costituzione. Figuriamoci quindi quanto accadrebbe in seguito.
b) il numero dei rappresentanti diminuisce capitalizzando un sentimento antipolitico nemmeno populista ma proprio squallidamente demagogico, alimentato spesso e volentieri dallo schifo che fanno propri gli stessi politicanti che ora vestono i panni degli imbonitori per convincerci a comprare la loro nuova costituzione.
c) il vincolo tra rappresentanti e rappresentanti si indebolisce, sia alla camera dove si pensa di riproporre una legge elettorale a listino bloccato sia al senato dove si procederebbe addirittura ad una elezione di secondo livello ( per altro secondo la procedura tipica delle multilevel governance. Altro aspetto che evidenzia come si stia procedendo a normalizzare la nostra costituzione alla costituzione dei padroni, cioè i trattati e le forme istituzionali della UE ).
Dato che i principi che permettono di definire cosa sia di sinistra vengono sistematicamente disattesi procedendo in senso contrario non vi è dubbio che questa revisione costituzionale è mossa da uno spirito oligarchico, antipopolare, elitistico, antiparlamentare/anticonsiliare e squisitamente di destra.






venerdì 11 novembre 2016

I Big Boys, le Rust Belt di tutto il mondo e il voto di vendetta.

Carissimi lettori,
la questione che il mondo ha di fronte e che non è stata un fulmine a ciel sereno ma il compimento di un fenomeno di portata internazionale, solo un po' più visibile delle altre circostanze dato il palcoscenico sul quale ha avuto luogo, se anche non dovesse condurre ad un cambiamento di politiche - il che mi sembra probabile - ha portata storica.
Ho 4 idee e le metto sul tavolo, su quanto sta accadendo nel mondo.
Il tempo dirà se sono un pazzo.

Una cosa che stanno riconoscendo in molti è che quando la working class, le persone che erano diventate ceto medio non grazie a rendite di posizione ma col duro lavoro, diventano working poors, prima di sottoproletarizzarsi e rassegnarsi alla marginalità difendono il proprio, anche giustamente, con le unghie e coi denti.
E se di meglio non hanno, nel seggio elettorale, votano anche l'opzione più "oscena" secondo i canoni e la propaganda ideologica delle nostre società putride, pur di consumare la propria sacrosanta vendetta nei confronti di chi ne ha tradito le promesse mettendoli seduti su uno scivolo in discesa.
Quindi:
Ti votano NO al referendum ad Atene mentre tutto il mondo gli dice che SI è la cosa giusta e gli hanno pure chiuso gli sportelli bancari per convincerli meglio.
Ti votano Brexit.
Ti votano il movimento 5 stelle.
Ti votano la Le Pen ( ringraziamo Iddio che non avendo a casa nostra una sinistra cazzuta, Salvini è estremamente sputtanato e il voto di rivolta lo prende Grillo che è ben migliore! )
Ti votano addirittura Trump...
Lo spirito del tempo per essere nazionalpopolare e piacere anche nella propria versione da social media, richiede la presenza dei gattini ma richiede anche la capacità di esprimere un sentimento profondo:

Lo spirito del tempo nel sentimento comune
Trump non è un paladino della working class.
Trump è establishment a propria volta, pur essendo relativamente outsider per l'establishment stesso, non tanto per motivi di interessi quanto per motivi culturali.
Trump non è politicamente corretto.
Cioè è un uomo di merda, ma cazzo, non è un ipocrita e quando parla si capisce! ( * su questo ci torniamo alla fine )

Tuttavia ha un merito: ha avuto l'intelligenza politica ( ed è tutto merito suo, perché l'apparato repubblicano su questo lo ha osteggiato ) di intercettare la rabbia della working class che è diventata working poors.
Inoltre ci mette di fronte a un fatto sconvolgente: ciò che era impensabile, ora, non solo è pensabile, è addirittura reale!

Poi dicono che Matt Groening non è un fottuto genio....

Non sono un esperto degli Usa come non lo sono di Medio Oriente e di tantissime altre cose; ma bene o male capisco che dal centro dell'Impero promana verso le periferie la cultura dell'impero stesso e a volte pure le sue voci "critiche".
Alcune di queste voci critiche magari sono acute, hanno il polso della propria società, quindi possono aiutarci a capire questioni importanti.
Se c'è una cosa che tanti stanno riconoscendo ( pur in vari casi annaspando cercando di sviare con le cazzate sinistrate dal vero nucleo concettuale. Ad esempio dicendo che Trump vince tra i maschi bianchi, cioè questi hanno punito il candidato donna. Cazzata, infatti a quel punto si potrebbe far notare che Trump ha stravinto sul voto femminile. In questo caso i sinistrati rispondono che ha stravinto tra le donne con più bassa istruzione. Lo dicono dimostrando la loro ormai totale incapacità di leggere il mondo in termini di classe invece che di politicamente corretto, non vedendo che proprio questo significa che ha vinto tra le donne che credono più allo sputo nell'occhio che ricevono ogni volta che aprono la propria busta paga, che alle sovrastrutture mentali dei sinistrati di tutto il mondo! Qua abbiamo un eminente esempio di sega mentale sinistrata totalmente scollata dalla realtà. ) è che Trump ha vinto nella Rust Belt.
La "cintura della ruggine", l'area ex industriale degli Usa dove si producevano i metalli, l'industria pesante, l'automobile, insomma le produzioni "di base" di una economia nella quale i ricchi si arricchivano spartendo iniquamente gli utili della produzione, prima che anche Obama e Clinton ( entrambi, marito e moglie ) preferissero la ristrutturazione sociale indotta dal modello del denaro che produce denaro e che marginalizza gli ex lavoratori.
Insomma, gli stati intorno ai grandi laghi.

Un posto nel quale da molti anni si respira un'aria pesante.
Facciamo riferimento alla cultura nazionalpopolare invece che alle analisi scicchettose dei giornali degli intellettuali di sinistra per bene, che magari quegli elementi di cultura di cui il popolo è intriso ci dicono qualcosa di più serio.
Chi è il cantautore della working class negli USA?
Non certo il Bob Dylan novello Nobel per la letteratura; grande poeta indiscutibilmente, autore che di certo ha cantato anche principi condivisibilissimi da sinistra, ma comunque col piglio da contestatori da college più che non da reparto di produzione o uomo della strada.
Bruce Springsteen piuttosto; anche lui un ottimo poeta, ma più diretto, più popolano. Al limite, perchè no, più populista.
Quello che nelle canzoni ci metteva anche l'orgoglio popolano dell'american dream ( born in the Usa ) ma che nella stessa canzone si domandava anche perché, invece che far grande casa nostra, andiamo a rompere i coglioni in Vietnam?
Infatti quando Reagan gli usò la canzone nella propria campagna elettorale si incazzò non poco, dicendo che il candidato repubblicano non aveva capito niente.

Un buon esempio di sinistra nazional popolare calato nel proprio contesto.
Quasi una ventina di anni fa Springsteen ha stampato un disco bellissimo, negli anni dell'espansione dell'economia finanziaria e del restringimento di quella produttiva negli Usa, con conseguente inizio della marginalizzazione della working class.
Si intitolava The ghost of Tom Joad con riferimento a un personaggio di Steinbeck, autore di idee socialiste che aveva scritto del dramma della working class che aveva perso il lavoro durante la great depression ( Furore, Uomini e topi, etc ).
In quel disco c'è una canzone meravigliosa e straziante su una citta della Rust Belt che può farci capire che sentimento di rabbia e frustrazione profonda, che ormai viene da lontano, ci sia dentro la ( ex ) working class da quelle parti.
Valutatene le parole, pesano come macigni:


Trump ha vinto qua.
Una vittoria di classe? No. Una vendetta della classe tradita dai democrats.

Anche Michael Moore viene da una città di provincia della Rust Belt: Flint nel Michigan.
Lasciamo perdere il fatto che Moore non abbia avuto il coraggio di essere consequenziale alle proprie stesse analisi e negli ultimi 2 mesi se la sia fatta sotto per la paura, finendo per invocare abbastanza pietosamente un voto centrosinistro in favore della Clinton di fronte allo spauracchio Trump.
Gli sarà mancata la spina dorsale per sostenere fino in fondo una scelta non sellina, questo resta agli atti, ma è ugualmente titolare di una testa lucida e ha evidentemente il polso della società in cui vive.
In effetti mesi prima, contro tutti i sondaggi, fece una previsione millimetrica di cosa sarebbe successo e perché.
E va detto che, forse, il coraggio di dare una indicazione di voto per Jill Stein, la candidata verde che aveva detto che con Trump presidente avrebbe fatto fatica a domire ma con la Clinton sarebbe stata certa di non riuscire più a prendere sonno, gli è mancato anche perché lo avevano messo tutti quanti alla gogna per le via delle sue dichiarazioni.

Cosa dice Moore?
Trump vincerà, vincerà nella Rust Belt cavalcando il risentimento della working class che è stata abbandonata dai democratici filofinanzieri e condannata progressivamente a scivolare attraverso la condizione di working poors e sempre più giù verso la marginalizzazione.
Poi ancora dice che non sarà sufficiente per Clinton parare il colpo in Oregon o in Virginia; basta la Rust Belt da sola a determinare il risultato ( Michigan, Ohio, Pennsylvania e Wisconsin, si potrebbe aggiungere anche Indiana ).
In effetti che cosa è millimetricamente successo?
Che con un miserrimo 1% di scarto Clinton ha parato il colpo sia in Oregon che in Virginia, ma per un 1-1,5% non l'ha parato in Wisconsin e Penssylvania.
Aggiungendoci le due vittorie nette in Michigan e Ohio e perdendo chiaramente solo in Illinois, nella zona della Rust Belt, questo risultato a Trump è bastato.
Moore spiega chiaramente il motivo per cui sarebbe successo quanto abbiamo visto: quell'area era già in difficoltà ma i trattati di libero scambio e commercio ( NAFTA in quel caso ) hanno finito di metterla in ginocchio, polverizzando i pochi posti di lavoro che rimanevano.
Il liberoscambismo puro ha sempre contenuto di classe.
Se ne faccia una ragione chi in Europa contesta il TTIP ma non ha il coraggio di contestare la filosofia di fondo del trattato di Schengen, che è la stessa!
Adesso tutto quel che resta ai sinistrati per poter perseverare nella propria politica dello struzzo e della contemplazione dell'elitistico fulgore intellettuale del proprio ombelico è soltanto cincischiare sul fatto che i più poveri e gli indigenti hanno votato Clinton; quindi avremmo avuto una vittoria dei suprematisti bianchi inviperiti ma pur sempre ceto medio e non una vendetta di classe contro i traditori della working class.
Che dire...anche questo evidenzia solo una volta di più il fatto che questa gente, alla quale frequentare l'università è servito soltanto per imparare a credersi stocazzo e cominciare a disprezzare il popolino, abbia completamente perso i riferimenti di classe per interpretare il mondo.
Infatti non sono più nemmeno capaci di distinguere tra lavoratori o ex lavoratori recenti, arrabbiati perché si stanno pesantemente impoverendo, e strati sociali marginalizzati e ormai sedimentati nella propria marginalizzazione, i sottoproletari.
Non sono più capaci di distinguere tra chi ha un minimo di coscienza di sé e lotta per il proprio futuro e, se non ha a disposizione di meglio in modo da votare chi li rappresenti almeno si vendica di chi li ha traditi, e chi invece essendo proprio privo di orizzonti e consapevolezza non vota affatto, o vota a maggioranza chi gli ha fatto un tantino di elemosina ( i food stamps di Obama e Clinton ), perché da sottoproletariato invece che lottare per quello che può avere si incancrenisce tutta la vita a invidiare ciò che non avrà mai.

La carità è di destra, cari sinistrati del cazzo che ci raccontate che la sinistra vuol dire stare dalla parte degli ultimi.
Per la solidarietà nei confronti degli ultimi esiste già la Chiesa.
La sinistra non sta dalla parte degli ultimi; serve a qualcosa se organizza il desiderio di riscatto per abolire l'esistenza dei primi rifiutando l'esistenza stessa della categoria degli ultimi!
Se non imparate questa cosa, nemmeno stavolta, vuol dire che dalla parte col culo al caldo della storia vi ci trovate proprio bene.
Ma in questo caso sappiate che siete addirittura più spregevoli di chi col culo al caldo c'è nato e non ha mai avuto la pretesa di raccontarsi di sinistra.
Il fenomeno del rifiuto dell'establishment ha scala planetaria perché planetaria è la finanziarizzazione e la globalizzazione, che sta scricchiolando e già cedendo un pezzetto alla volta.
Che margini e speranze abbiamo?
Un populismo che non cincischi più, che miri al bersaglio grosso ( gli sfruttatori, il capitalismo, i meccanismo della globalizzazione che non è democratizzabile ma solo combattibile e questo vale anche per l'UE ) invece che verso facili e falsi diversivi sui quali possono prosperare così i Trump come i Salvini; che però riconosca che questi prosperano a propria volta su contraddizioni REALI, che le sinistre ufficiali hanno esorcizzato e nascosto sotto il tappeto preferendo non affrontarle, qualificandosi così come parte del problema invece che della soluzione.
Abbiamo una fretta maledetta.
Son tutti sintomi di una crisi sistemica quelli che abbiamo sotto gli occhi e siamo in una posizione arretratissima.

3 pirla, ben vestiti e benpensanti, con buoni lavori, patrimoni, culi al caldo, brandiscono i simboli dell'establishment di casa nostra. Insomma: 3 nemici.


Che cosa succederà adesso?
Credo che abbia ragione su questo Alberto Bagnai e quello che ha detto in radio, anche se io lo riformulo un po'.
SE è vero ( a me sembra ragionevole, ma per ora non ci metto troppo la mano sul fuoco ) che Trump rappresenta una linea di frattura interna all'establishment ed è veramente il rappresentante del capitalismo industriale che ha interessi in parte divergenti da quello del capitalismo finanziario, ora dovrà "pagare pegno" a chi lo ha eletto cioè i working poors della Rust Belt.
Questi ultimi se non vedranno risultati alla svelta lo abbandoneranno velocemente.
Il voto di vendetta è ancora più volatile di quello di protesta.
Trump ha bisogno di rilanciare l'industria americana sostenendo produzioni e occupazione.
Tuttavia Trump è un uomo di destra, quindi cercherà di fare questa cosa non attraverso un riassestamento interno, che comporterebbe redistribuzione tra classi, ma attraverso un riassestamento esterno.
Scaricherà le contraddizioni fuori dal proprio paese.
La percentuale della torta per le classi rimarrà la stessa, ma se la torta della ricchezza prodotta in quel settore nel quale si crea anche occupazione sarà nel suo insieme più grande, ce ne sarà di più in valore assoluto anche per la working class.
Come fare questa cosa senza redistribuire internamente?
Trump ha bisogno di far riconquistare agli USA competitività di prezzo sulle produzioni con un riallineamento monetario.
Cioè deve restituire all'UE lo scherzaccio del QE, col quale Draghi aveva tenuto insieme i cocci dell'UE senza far il dispetto ai tedeschi di una redistribuzione interna, scaricando le contraddizioni interne all'UE sul resto del mondo con una svalutazione competitiva che ci ha dato un po' di ossigeno.
Il dollaro molto probabilmente andrà giù.
Tanto.
E l'UE tornerà in anossia profonda.
Non ridiscutere le contraddizioni interne all'UE per non indispettire i tedeschi e scaricarle all'esterno, con la svalutazione dell'euro prodotta dal QE, ha tenuto insieme i cocci di questo gigantesco fallimento politico e istituzionale.
Se però adesso gli USA faranno lo stesso giochetto il risultato sarà che prima la politica dello struzzo della Germania e l'equilibrismo di Draghi per non far arrabbiare troppo i ceti dominanti tedeschi, ha concorso a portare Trump al governo, poi quest'ultimo per pagar pegno alla Rust Belt avrà bisogno di togliere ossigeno all'Europa.
Come risultato Trump trascinerà al governo la Le Pen.
Anche in Italia ci mancherà l'ossigeno, mettiamolo nel conto.
Non possiamo lamentarci, credo, di ciò che può concorrere a destabilizzare lo status quo.
Ma questo fa aumentare la nostra fretta.
( e quella di un Fassina, individualmente e come area politica, nel non rimanere ancora una volta impastoiati coi sinistrati dei buoni sentimenti. O il congresso di Sinistra Italiana possono vincerlo, imponendo una linea non suicida, o dovranno per forza cavarsi fuori da quelle sabbie mobili )


P.S.
* riprendo l'iniziale discorso sull'ipocrisia e il politicamente corretto.
A proposito di buoni sentimenti è interessante quel che Clint Eastwood, l'unico intellettuale-vip che negli USA ha fatto pubblica dichiarazione di voto per Trump, ha detto.
Eastwood, da sempre conservatore ma non reazionario e da sempre impegnato in politica avendo anche fatto il sindaco nel proprio paesino texano, ha dichiarato  di considerare Trump un buffone e di non condividere le affermazioni razziste che ha pronunciato ma che lo avrebbe votato lo stesso perchè altri 4 anni di ipocrisia politicamente corretta alla casa bianca sarebbero stati insopportabili.
Anche questo è spirito dei tempi.
Viviamo la fase del gigantesco vaffanculo che vola all'altezza dell'uccello padulo.
Basta con la pussy generation, con queste insopportabili fighette mosce, con questi buonisti leccaculo!
Torniamo a parlare delle cose per cui il nostro popolo, noi stessi, soffriamo per davvero!
E facciamolo in una lingua che si capisca.

P.P.S.
Matt Groening è un genio e, non volendo, ha portato fortuna a Trump.
Speriamo ne porti anche a noi.
Le prospettive più oscene tornano possibili, and we all have a Dream: