venerdì 29 gennaio 2016

Centralismo democratico





Copio la sinossi di wikipedia, così, come metodo:

Centralismo democratico

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Centralismo democratico è il nome dato ai principi di organizzazione interna usati dai partiti politici leninisti, e il termine è qualche volta usato come un sinonimo per qualsiasi politica leninista all'interno di un partito. L'aspetto democratico di questo metodo organizzativo consiste nella libertà dei membri del partito di discutere e dibattere su politica e direzione, ma una volta che la decisione del partito è scelta dal voto della maggioranza, tutti i membri si impegnano a sostenere quella decisione. Quest'ultimo aspetto rappresenta il centralismo. Come lo descriveva Lenin, il centralismo democratico consiste in "libertà di discussione, unità d'azione".

Descrizione

Gli statuti delle organizzazioni leniniste avevano definito i seguenti principi-base del centralismo democratico:
  1. Carattere elettivo e revocabile di tutti gli organi di partito dalla base al vertice.
  2. Tutte le strutture devono rendere conto regolarmente del loro operato a chi li ha eletti e agli organi superiori.
  3. Una rigida e responsabile disciplina nel partito, subordinazione della minoranza alla maggioranza.
  4. Libertà di critica e autocritica all'interno del partito.
  5. Le decisioni degli organi superiori sono vincolanti per gli organi inferiori.
  6. Cooperazione collettiva di tutti gli organi al lavoro e alla direzione, e contemporaneamente responsabilità individuale di ogni membro del partito sul proprio operato.
L'opera Che fare? del 1902 è spesso vista come il testo fondante del centralismo democratico. A quel tempo, il centralismo democratico era generalmente visto come un insieme di principi per l'organizzazione di un partito rivoluzionario dei lavoratori. Il modello di Lenin per questo partito, che secondo lui doveva seguire i principi del centralismo democratico, era il Partito Socialdemocratico di Germania.
La dottrina del centralismo democratico fu uno dei motivi dei contrasti fra bolscevichi e menscevichi. I menscevichi propugnavano una più lasca disciplina di partito all'interno del Partito Operaio Socialdemocratico Russo nel 1903, come fece Lev Trockij, negli scritti I nostri doveri politici, fino a quando Trockij si unì ai bolscevichi nel 1917.
Il centralismo democratico fu anche descritto nella Costituzione sovietica del 1977 come un principio per organizzare lo stato: "Lo stato sovietico è organizzato e funziona sul principio del centralismo democratico, cioè il carattere elettivo di tutti gli organi dell'autorità statale dal più basso al più alto, la loro responsabilità verso il popolo, e l'obbligo degli organi inferiori di sottostare alle decisioni degli organi superiori. Il centralismo democratico unisce l'autorità centrale con l'attività creativa e l'iniziativa locale e con la responsabilità di ogni organo e funzionario sul lavoro affidato a loro".
A ben guardare, il centralismo democratico viene adottato attualmente nel funzionamento normale di quasi tutti i partiti dei paesi democratici, dove si prevede che i ministri, i deputati o qualsiasi membro del partito, una volta presa una decisione all'interno dell'organo, devono portarla avanti senza operare in senso contrario ai danni dell'organo collegiale. I membri dissenzienti sono in genere tenuti a dimettersi, potendo ovviamente manifestare il proprio dissenso dopo le dimissioni. Più una forma di governo si basa sulla disciplina di partito a scapito dell'iniziativa individuale diretta (ad esempio il modello anglo-americano)[1], più il centralismo democratico è il principio ferreo di funzionamento del partito.


Ecco, io non lo so se sia riproponibile oggi, sic et sempliciter, ma facciamo i bravi, suvvia.

Se scherza.

giovedì 28 gennaio 2016

La riflessione del 28 gennaio. Attenzione all'ideologico sotteso. Sempre.

Politically extremely incorrect. Astenersi proseguire per le anime candide.


Ogni anno, in occasione del 27 gennaio, Giorno della Memoria, si scatena una ridda di polemiche intorno ai proclami di personaggi radicalmente di destra, o che in passato siano stati parti di movimenti di matrice fascista/razzista, che si ricordano del giorno della memoria e dicono cose che 30 anni fa non ci saremmo aspettati.


<Ma come, proprio voi che siete stati, e a volte siete ancora, razzisti, fate la bella faccia di ricordarvi dello sterminio di ebrei, zingari, etc. etc. etc>  tuonano in molti da sinistra.
Devo dire che tutto ciò mi pare strano, logicamente poco consequenziale.
Anzi, una tragica coerenza logica in tutto ciò la trovo, ma non esattamente quella contenuta nelle scandalizzate esternazioni sgomente da sinistra.

Perché se ci sforziamo di astrarci dal singolo caso dell'antisemitismo ( nella più ampia cornice del razzismo, l'antisemitismo è un singolo caso ), se do per scontato che metodologicamente queste persone siano rimaste razziste e contemporaneamente guardo quella che è la politica dello stato di Israele, in tutta franchezza io vedo una tragica consequenzialità logica tra il loro essere rimasti almeno metodologicamente razzisti e le loro odierne marchette pro-Israele.
Hanno semplicemente cambiato epifenomeno di riferimento onde poter rimanere metodologicamente i medesimi, in un mondo in cui gli accidenti esterni del razzismo erano, nel frattempo, mutati.
Dipende da chi pratica una politica razzista in una data fase storica e mutatis mutandis, i razzisti si riallineano partendo dal riallineare le proprie marchette mediatiche. E non solo.
Se volete dirla populisticamente con un vecchio adagio popolare chi si somiglia si piglia.

In questa tipo di cornice sarebbe anche il caso di fare una riflessione, quasi omologa, sulla visita proprio in questi giorni del presidente Rouhani.
Ciò è quanto mai necessario in questi giorni, nei quali si sono sovrapposte le polemiche parlamentari e nel paese intorno alla legge Cirinnà, la visita di stato in Italia del presidente Rouhani, e cause diverse si sono mescolate nelle piazze, vere e virtuali, scatenando un putiferio di strumentalizzazioni incrociate tra le quali la più intelligente, gratta gratta, è ad essere ottimista idiota.
Sono tra quelli inorriditi vedendo coprire oggetti d'arte che raccontano della nostra storia e della nostra cultura, in senso nobile ( tragico due volte che come paese ci siamo sputtanati avendo fatto tutto da soli ).


Tuttavia stiamoci attenti, perché cadere nelle strumentalizzazioni o nelle visioni manichee è questione di un attimo.
Io vedo polemiche a sinistra tra diritticivilisti, da una parte, che dicono che non dovremmo avere relazioni di alcun tipo col capo dell'esecutivo iraniano perché in Iran, tanto per fare un esempio, se sei omosessuale finisci impiccato in piazza.
Dall'altra parte vedo soggetti che in odio alla sinistra carina dei ( soli ) diritti civili, che si è dimenticata per strada diritti sociali e antimperialismo, si appiattiscono sull'esaltazione acritica dell'Iran paese non allineato e costantemente sotto attacco da parte delle centrali dell'imperialismo, USA e Israele, e dei loro figliastri maledetti quali l'Isis.
Attenzione, perché in questo modo ci si comporta da sciocchi da entrambe le parti: la verità non è a portata dei manichei e dei banalizzatori!

Parto dai secondi; dei rozzoni ai quali la sinistra carina ha ( anche giustamente ) rotto i coglioni ma che nel disastrato scenario della sinistra italiana contemporanea non riescono a far di meglio, per esprimere il loro disgusto, che rimbalzare all'estremo opposto ostentando il fatto che a loro delle libertà civili non importa nulla, ripescando in un immaginario e in una iconografia d'altri tempi l'immagine di una sinistra machista e cazzuta che non perdeva tempo con queste puttanate da froci.


E quindi via con l'esaltazione di Stalin o di regimi..."antimperialisti"....come la Corea del Nord, quali simboli di posti dove la sinistra avrebbe fatto o farebbe ancora cose veramente cazzute!
E si potrebbe continuare spiegando che il prototipo del nostalgico della sinistra cazzuta, possibilmente dotata di baffoni, memore dell'antica alleanza tra l'URSS e la Siria di Assad ( padre ), ben lungi dal limitarsi a sostenere che l'intervento Russo in Siria abbia scompaginato le carte agli statunitensi e creato un problema all'Isis e a questo punto staremo a vedere che succede, tenendo fermo che non spetta a noi occidentali rimuovere Assad ( figlio ) ma non dimentichiamoci che pur sempre di un porco e di un sanguinario stiamo parlando, è invece a tutt'oggi convinto che Putin sia un comunista in quanto russo e che Assad rappresenti un baluardo della democrazia e del socialismo.
Stiamo parlando non di gente seria, evidentemente, ma di cimeli buoni al massimo per gli scaffali e le polverose teche di un museo per reperti di un certo '900, invecchiato molto male.
Questi personaggi, evidentemente, apprezzano del socialismo reale proprio ciò che non lo differenziava dal fascismo.
In effetti dovrebbero porsi una domanda su chi sia l'oggetto della nostalgia di chi gli da manforte; perché almeno l'Armata Rossa capeggiata da Stalin aveva liberato Auschwitz ( con buona pace di Benigni e del suo pessimo e mistificatorio film nel quale il campo viene liberato da un carro Sherman statunitense. Altro esempio di ideologico sotteso imperante di questi tempi ), ma a questa retorica spesso si uniscono anche i nostalgici di chi stava dall'altra parte....


A costoro vorrei dire che le libertà civili, anche se non vengono contese al capitale, SONO IMPORTANTI e devono procedere e progredire insieme alle altre libertà; perché la liberazione non è solo dalle catene del bisogno ma anche dal conformismo come costrutto culturale, a propria volta oppressivo ed opprimente.
Vedete forse nell'Iran un bastione dell'antimperialismo e vi compiacete di questa cosa rispetto al vostro sentirvi, ancor oggi, orgogliosamente comunisti?
Fate attenzione alle agiografie e ai manicheismi, perché tra il 1979 e il 1982 la storia dice che vi fu un progressivo scivolamento verso la messa fuori legge del Tudeh ( il partito comunista iraniano ), che inizialmente aveva anche raggiunto un "compromesso" con Khomeini pur di disfarsi dello Scià ma che poi si misurò con l'impossibilità di tenere in piedi questo compromesso, essendo la parte debole tra le due, e avendo come controparte un potere confessionalista ed oscurantista inconciliabile con la visione del mondo di una forza politica razionalista e materialista.
Il risultato fu che a metà degli anni '80, mentre la guerra con l'Iraq stra-armato dagli occidentali era in corso, ciò creava in Iran contesto e pretesto in favore del regime per liquidare i propri nemici interni.


Quel che accadde fu la messa fuori legge dei partiti comunisti e socialisti in Iran che ebbe la forma, prima, dell'aumento dei prigionieri politici di un ordine di grandezza e subito dopo della loro liquidazione coi plotoni di esecuzione o le impiccagioni con le gru.
Non dimenticatevelo: i comunisti che non fece in tempo ad uccidere lo Scià finì di ammazzarli, e in massa, Khomeini.
Quindi giusto difendere oggi che è accerchiato la posizione dell'Iran, paese non allineato, ma non traiamone per questo la conclusione che basti essere non allineati per essere delle belle persone.
Il contrario di una cosa brutta può essere una cosa ugualmente brutta, solo per motivi differenti.
Oggi ci sono ottimi prioritari motivi per riconoscere il ruolo internazionale dell'Iran e stabilire col suo governo un pacifico e reciprocamente proficuo compromesso territoriale, su questo son d'accordo, ma da qui a dire che l'Iran e il governo degli Ayatollah sia poi sta gran bella cosa, ce ne corre.
Anzi, io dico che come comunisti un po' di rancore dovremmo covarlo.
E rivendico il fatto che quando saranno gli iraniani a voler cambiare regime, io stapperò una bottiglia di spumante.
Lo dico anche se ora difenderei, in linea di principio, l'Iran da qualsiasi attacco imperialista ed occidentale.


Ai secondi ( la pars pregiudizialmente diritticivilista che, mi permetto d'insinuare, non avrebbe sollevato altrettanto vespaio se in Italia ci fosse venuto Natanyahu a stipulare una convenzione militare, come di recente ha fatto anche la Grecia governata da Tsipras ) vorrei dire che hanno ragione nel sostenere che le libertà civili sono importanti, ma che bisogna stare ben attenti alla strumentalizzazione che, della retorica dei diritti civili, fa il Washington consensus.
"In Israele i gay si sposano, a Teheran invece li impiccano in piazza".
Splendido, ma se sei un bambino palestinese e vivi nella striscia di Gaza e passa un elicottero israeliano di li, ti fanno a brandelli.


Quest'anno si compie il 49° anno consecutivo di disattendimento delle risoluzioni ONU del 1967 che intimano ad Israele di rientrare nei propri confini.
Per simili affronti alla comunità internazionale altri finiscono sotto embargo, altri ancora direttamente vengono bombardati, poi ci sono quelli che di fronte alle intimazioni da parte dell'ONU risultano sempre essere un po' più uguali degli altri.
Muri molto peggiori di quelli già schifosi che si stanno erigendo in Europa, isolano un intero popolo al quale da decenni si nega l'autodeterminazione, l'accesso all'acqua, alla terra, alle cure mediche, a TUTTO.
Che bravo Obama e la sua politica arcobaleno.
Si si, io sono d'accordo con quello che ha fatto in politica interna proprio riguardo al riconoscimento e alla tutela dei diritti della comunità omosessuale ( a differenza dei rozzoni di cui ho già parlato ), ma non dimentico che ci sono ancora militari USA sia in Iraq sia in Afghanistan, che 25 anni di bombardamenti a casa d'altri sono costati una milionata di morti civili, che la rabbia della popolazione assolutamente giusta e legittima è stata l'humus nel quale ha attecchito l'Isis, che non sarebbe mai nato se non fosse stato per la nostra politica occidentale.
Una politica lgbt-friendly in casa, ma all'uranio impoverito in trasferta.
Forse che i vostri diritti civili valgano soltanto quando l'occhio non vede e il cuore non duole?
Se le morti sono tutte uguali vogliamo metterle tutte sui piatti della bilancia e vediamo quale pesi di più?

Tutto questo sarebbe il caso di non dimenticarselo.
Invece i media e i vostri dirigenti politici pacificati col sistema hanno fatto di tutto per farvelo dimenticare, a forza di bandiere arcobaleno con la stella di Davide dentro, rispetto alle quali non vi siete posti sufficienti domande. E purtroppo ci sono anche riusciti, a quanto pare.


Sintesi?

Meglio stringere la mano a Rouhani che a Netanyahu, per quanto mi riguarda.
Ma di grazia, gliela si stringa mostrando un certo schifo; avendo il coraggio di sollevare qualche questione rilevante intanto che si negozia - in ogni caso giustamente - la gestione di un mondo multipolare che con loro può essere negoziato e con altri no.
Perchè purtroppo il mondo non è fatto di buoni e cattivi ma, spesso, molto più prosaicamente, di più cattivi e meno cattivi.
Il che non è esimente rispetto alla necessità di prendere posizione.
Ma che almeno lo si faccia senza perdere completamente la propria autonomia ed indipendenza di giudizio.
Inseguire bandiere acriticamente senza chiedersi perchè e ritenendo che esistano bandiere dentro le quali non vi siano contraddizioni, non è una cosa seria.

mercoledì 27 gennaio 2016

Mundus senescit, la mediocrità al potere.

Se il livello delle nostre autorità civili è caduto drammaticamente in basso cosa dovremmo dire di fronte all'evidenza che addirittura cardinali-presidenti della CEI, si dimostrano scarsi in filosofia?
L'esempio eclatante ce lo ha dato il cardinal Bagnasco che ha sbottato, affermando che "la famiglia è antropologica, non ideologica", e da questo ha concluso che quindi la famiglia è solo genitori e rispettiva prole.
Purtroppo per lui è difficile immaginare un autogoal più clamoroso.
Si, è vero, la famiglia è antropologica, cioè il concetto di famiglia è un costrutto culturale circoscritto nei luoghi e nel tempo, diverso da un posto a un altro e passibile di evoluzione e cambiamenti.
Gli studi antropologici dimostrano che ci sono differenti società nei quali viene scissa l'identità biologica dei genitori ( che in casi estremi per il padre non è nemmeno riconosciuta, ma del resto lo dicevano già gli antichi romani che
mater semper certa est, pater numquam) da ciò che *socialmente* è riconosciuto dal resto della comunità come una determinata famiglia. Ci sono luoghi, e ancor più ce ne sono stati, nei quali la monogamia non è un fatto scontato, altri nei quali i bambini vengono "messi a mucchio", accuditi e cresciuti collettivamente, altri dove l'eredità è patrilineare e quelli nei quali è matrilineare, etc. etc. etc.
L'unico principio universalmente rispettato è la base esogamica nella costituzione del nucleo familiare, cioè i componenti di una nuova famiglia provengono da famiglie differenti ( o almeno non sono prossimi consanguinei )
Ma si badi che questo principio non comporta il fatto che la famiglia sia automaticamente composta da "coppie", e non comporta che queste coppie siano automaticamente eterosessuali.
E non c'è bisogno di andare a ripescare quel che scrisse Engels nel 1884, lasciando così l'idea di voler esprimere un parere per forza di parte.
Il punto è che l'analisi in quel caso proposta era, nel suo nucleo centrale, valida ed è infatti stata ripresa autonomamente da tutta l'antropologia del XX secolo.
Un esempio su tutti è quello offerto da uno dei principali studiosi in questo settore, riconosciuto a livello internazionale: Claude Lévi Strauss.

Quindi si, stando alla premessa Bagnasco ha ragione: l'idea di famiglia è un concetto del tutto antropologico e non ideologico.
Solo che, peccato per lui, questa stessa premessa dimostra che sono le sue conclusioni ad essere squisitamente ideologiche.
Che tempi.
Presidenti della CEI che pretendono di dare la linea ai cattolici buttando li contraddizioni in termini macroscopiche senza nemmeno accorgersene.
Non ci sono più i nemici di una volta.
Almeno, un tempo, i preti erano sottili in filosofia e fregarli risultava difficile.
Oggi invece vale anche per la Chiesa il principio della mediocrità al potere.

venerdì 22 gennaio 2016

Marianna, per la precisione.


Giusto ieri mi sono imbattuto in questo articolo.
Leggendolo possiamo intravedere un barlume di verità, ma sento veramente il bisogno di essere più preciso.

Procediamo con ordine e diciamo tutto quel che Madia non dice.

1) se dici "eh, è reato penale", già per questo ti sei dimostrata una incompetente.
Perchè se è reato, è penale per definizione.
Se dici una cosa simile durante un esame alla facoltà di giurisprudenza, tendenzialmente ti mandano via a calci.
Ma glielo perdoneremo perchè risulta che la Madia abbia fatto scienze politiche.
E non infieriremo ricordando, come già fa il giornalista, che non tutti i reati comportano arresto e che proprio il governo di cui Madia fa parte ha recentemente ristretto il numero di queste fattispecie di reato.
Non lo farò perchè sono un socialista, non un travaglian-manettaro.
Lo Stato deve essere autorevole, non autoritario, e questo si ottiene attraverso la certezza del suo agire non con l'attitudine draconiana della sua indole repressiva.
Però, per cominciare, possiamo già da qui farci un'idea della estrema vaghezza della ministra nelle cui mani ci troviamo.
2) Evidentemente Madia non conosce il testo di legge, che come spiega anche l'articolo, in realtà non esiste.
3) A dirla tutta non è la prima volta che accade che un ministro della Repubblica non conosca i testi di legge che pure portano il suo nome.
Accadeva pure con la Gelmini, alla quale il testo di legge della riforma che porta il suo nome lo aveva scritto Brunetta, col fine di ottemperare alle richieste di taglio lineare avanzate da Tremonti e Sacconi.
4) In questo caso però è più grave, e questo non lo scrive neanche l'articolista, perchè in questo caso il testo di legge che al momento non c'è, neanche può esserci.
Infatti, COME CHIUNQUE PUO' CONSTATARE semplicemente leggendo i ccnl che sono PUBBLICI e PUBBLICATI sul sito dell'agenzia dello stato Aran, i "licenziamenti" di cui blatera la Madia esistono già. Da anni, anni e anni.
Esistono già regole che comportino licenziamento senza nemmeno dovere di preavviso, e a chi incorre nell'applicazione di queste regole va già di lusso se, per soprammercato, non si becca pure una denuncia per truffa ai danni dello stato.
5) Entrando nello specifico, se guardiamo la parte normativa dei ccnl dei vari comparti del pubblico impiego alla voce sanzioni disciplinari, le cause di licenziamento esplicitamente espresse e codificate sono sempre presenti ed apertamente contemplate e tra queste, sempre, almeno 2 o 3 senza nemmeno dovere di preavvisto.
Cioè letteralmente IN TRONCO.
Madia vuole introdurre una legislazione che esiste già?
O vuol semplicemente strumentalizzare un risentimento male indirizzato per raggranellare facile consenso senza dover fare nulla?
6) Volendo essere ancor più precisi, fino agli anni '90 quando l'ordine precedente venne cambiato, mi pare ai tempi del governo Amato, il rapporto di lavoro nel pubblico impiego era normato dal vecchio testo unico del 1957 che in effetti era un mondo a parte rispetto all'impiego privato.
Ma da oltre vent'anni, abrogato il vecchio testo, l'unica legge che è rimasta in vigore anche nel settore pubblico era la legge n.300 del 20 maggio 1970, "e successive modifiche e integrazioni". Cioè il vecchio statuto dei diritti dei lavoratori, e quanto in seguito su di esso è stato accumulato o da esso sia stato rimosso.
7) Attenzione perchè proprio qui abbiamo il passaggio cruciale.
Nel momento in cui tutti i lavoratori sono senza distinzioni sottoposti al vecchio statuto del lavoro e successive modificazioni, tra la modifica dell'art 81 della Costituzione e l'abolizione dell'art.18 contemplando il fatto che la motivazione economica per il licenziamento sia diventata non impugnabile, per il pubblico impiego in modo specifico si apre il campo ad una possibilità inedita.
Lo Stato, in pratica, si è già riservato il diritto di poter licenziare nel pubblico impiego a piacimento per motivazione economica, semplicemente perchè glielo chiede l'€uropa e banalmente perchè non ci sono i soldi ma i vincoli di bilancio si.
Non c'è bisogno di produrre nuova e ulteriore legislazione in tal senso, potrebbe bastare qualche decreto attuativo che, di fronte ad una eventuale necessità di far rapidamente cassa, potrebbe essere fatto passare nottetempo nella forma di decretazione d'urgenza.
Basterà aspettare di vedere lo spread tornare ai levelli del settembre-ottobre-novembre 2011; in quel momento vedremo cosa indica al cartina al tornasole del governo Renzi.
Il suo scontro con l'UE è serio o è un rumoroso diversivo, una pagliacciata?
Nel secondo caso il governo farà una riforma di quelle che piacciono tanto agli eurocrati.
8) A questo punto verrebbe spontaneo domandarsi perchè non si applichino regole già esistenti nei casi in cui questa applicazione sia meritata.
Innanzitutto bisognerebbe dire la verità e cioè che queste regole vengono già applicate, anche giustamente, a proposito dei casi che vengono scoperti. Semplicemente non è vero che ciò che non finisce sulle prime pagine dei giornali non esista. Parliamo già di qualche centinaio di casi all'anno.
Il vero problema del pubblico impiego, però, è altro.
Nel pubblico impiego le dirigenze sono, non sempre ma purtroppo spesso, frutto di nomina politica o se non proprio di nomina almeno di contiguità, aderenza, conoscenza. E fatalmente non dirigono un bel niente.
Chi volete che persegua e licenzi chi, spessissimo, non conosce neanche i nomi né sa esattamente quali siano le mansioni dei propri diretti subalterni, dato che la loro funzione è semplicemente essere piazzati li dai partiti a percepire lauti stipendi e, appena ci si riesce, assumere chi ha la tessera di partito giusta gestendo poi pacchetti di voti?
Questo è il vero problema del pubblico impiego, per risolvere il quale però....i potenti dell'apparato politico dovrebbero toccare sé stessi.
Cosa che non faranno mai, a meno che il popolo non li defenestri in blocco dandosi nuovi e decenti rappresentanti.
Il repulisti serve, ma se verrà gestito dalle stesse persone che hanno trasformato comparti del pubblico impiego in clientele e bacini di voti, quelli che ci rimetteranno il collo saranno inevitabilmente quelli che la copertura politica e la raccomandazione non ce l'hanno.
E sono i più, con i ccnl e i gli stipendi bloccati da anni ed anni, sottoposti al regime del bastone mentre per legge si è imposto che la carota non esistesse affatto.
Se licenzieranno queste persone, cittadini e cittadine lo domando a voi, pensate di potervelo permettere l'ospedale privato quando vi ammalerete, l'università privata per i figli, 700 € sull'unghia per una risonanza magnetica quando vi sentirete male e avrete dannatamente fretta di capire perchè?
Inoltre in una situazione di drammatica recessione dell'economia come l'attuale, siccome anche la spesa pubblica è PIL e circolazione del denaro, anche a costo di buttare letteralmente i soldi dalla finestra, lo Stato non dovrebbe smettere di spendere. Anzi dovrebbe spendere di più!
Quindi quale savio di mente che abbia compreso il senso di questa crisi, potrebbe essere così pazzo da ritenere che la pur necessaria riorganizzazione del Pubblico Impiego, passi oggi attraverso la necessità di tagliare posti di lavoro?
9) A cosa siamo di fronte, facendone la sintesi?
Alla solita trovata retorica con la quale, un governo alla corde, addita al pubblico un "nemico ideale", un facile capro espiatorio, per recuperare un po' di facile consenso senza però parlare di ciò che veramente è necessario.
Se faranno qualcosa nella direzione che Madia indica non sarà per loro voglia, ma perchè sarà riuscito a imporglielo l'Europa.
Cosa che, per altro, ha predisposto Monti coi voti parlamentari di Bersani ancora segretario del PD; quindi anche gli antirenziani non si sentano assolti, dato che il danno grave l'hanno fatto addirittura più loro che non Renzi e le locuste al suo seguito.

Tutto questo, per la precisione.


mercoledì 20 gennaio 2016

Il delirio filosofico del giorno.

A premessa: nessuno si offenda.
Ribadisco: nessuno si offenda! col punto esclamativo.
Perchè lo so che quando si toccano i "maestri" si scatenano le guerre di religione, ma io ho diritto alla mia coscienza ed anche alle mie crisi di coscienza.
E da questo punto di vista invito a far come me - e sono attaccabile su tutto il resto ma non su questo - cioè invito ad essere capaci di non trasformare mai una questione politica e ideale in una questione personale.
Io sto ragionando astrattamente, non personalmente.
Lecito non essere d'accordo, quindi, ma completamente fuori luogo sarebbe offendersi personalmente.
Non sono un esperto di filosofia, ma per trovare spiegazioni plausibili ad un sacco di miei recenti tormenti interiori, sto leggendo tante cose e ci sto riflettendo sopra.
Non ho la pretesa di aver tratto conclusioni definitive e mi limito a dire che queste sono le mie impressioni, che non spostano di una virgola la mia stima nei confronti di compagni e compagne che conosco che su alcuni autori hanno opinione diversa dalla mia, ma che considero ugualmente Compagni con la C maiuscola.
Tuttavia credo ci siano dei "binarti morti" in certe teorie che, più ci penso, più reputo tali.
E siccome questo è il luogo dei miei appunti ideali non trovo perchè non spiegarne ( in primis a me stesso ) la ragione.
Ad ogni modo non pubblicizzerò attraverso altri canali questo post.
Lo scrivo veramente più per me stesso che per altro.
Se tornerò su concetti simili lo farò per smontare un recente articolo di Michéa che mi si è particolarmente rimasto incagliato sul gozzo e odioso, e che proprio non mi va giù.
Per il resto, se siete cultori di Preve, non per questo vi considero in malafede.
Ma ciò non toglie che da quel che son riuscito a capire, credo che l'ultimo Preve di cantonate ne abbia prese. E pure belle grosse, e non riflettere sul perchè non gioverebbe proprio a nessuno.

Partiamo dalla catastrofe e dal pantano in cui è invischiata la sinistra contemporanea italiana per propria stessa colpa.
Di fronte a questa sinistra la necessità del ripudio è ineludibile, ma il ripudio deve riguardare secondo me il "questa", non la "sinistra".
Così come sull'idea di progresso bisogna avere sguardo critico, rifiutandone la mitizzazione tecnicizzata ( il positivismo ) ma senza perdere di vista il fatto che senza progresso, di emancipazione, se ne costruisce ben poca.
Se ci si lancia nel ripudio della sinistra tout court ci si trova di fronte alla necessità di farlo ab ovo, e si finisce non solo per "dannare" il povero Engels che tutto merita fuorchè d'esser dannato.
Ma, peggio, ci si ritrova a espungere da Marx tutta la parte che riguarda l'economia, e magari anche la filosofia della storia, in un - a mio avviso maldestro - tentativo di ritenerne soltanto la parte idealistica che potremmo considerare come più o meno somigliante ad Hegel.
( il fatto che a me, di Marx, affascini in particolare la concezione materialistica della storia cioè il materialismo storico come metodo, e che quindi contempli ampio eclettismo circa i tecnicismi economici e che abbia in generale maggior difficoltà a capirlo nella parte strettamente filosofica che invece piace a chi è oggetto della mia critica, è del tutto personale, ma credo non infici il valore del ragionamento generale )
Cioè ci si ritrova di fronte ad un tentativo di ritenere di Marx solo ciò che ha lasciato minor traccia nella storia della sinistra.
“Se questo argomento è stato il meno considerato nella sua storia dalla sinistra borghese, vuol dire che questa era la parte buona e il resto si può anche cestinarlo”, questa vorrebbe essere la ratio di fondo dell’operazione.
A questo punto, però, già non si capisce più perchè pretendere di definirsi marxisti invece che hegeliani....dato che di un pensatore non si può ritenere solo qualcosina, dopo ampia opera di decontestualizzazione, senza con ciò stesso distorcerne radicalmente il pensiero d'insieme.
Ma soprattutto in questo tentativo di rivalutare l'Hegel politico volendo a tutti i costi trovarne in Marx una continuità più che una evoluzione che, assunto un punto di partenza poi preveda anche delle drastiche rotture ( e non solo una fonte di iniziale ispirazione che poi è evoluta verso altro ), si finisce fatalmente per rivalutare il suo concetto di "stato etico" mai inviso ai dominanti; perchè come giustamente scriveva Russell nel saggio Scienza e Religione, il bravo cittadino secondo Hegel era quello che alla fine obbediva alla polizia.

D'altra parte lo stato etico di Hegel voleva essere il superamento delle teorie giusnaturalistiche e contrattualiste precedenti, che erano teorie cresciute in seno ad una borghesia individualista.
Ma la dove vi sia rifiuto dell'individualismo, ma non della morale borghese e delle "tradizioni" sulle quali essa si fonda, tale critica si svolge "guardando avanti ma ripescando indietro"; cioè pensando di costruire il futuro ripescando valori addirittura premoderni.

Se si commette questo errore si perde di vista il profilo politico di Hegel neanche conservatore, ma direttamente reazionario; rivolto alla difesa degli interessi degli junkers prussiani.
Così si finisce per perdere di vista anche il fatto che, in ultima istanza, il contrattualismo di Rousseau sarà stato borghese finchè volete ma era pur sempre un passo in avanti sul quale non sputare rispetto al giusnaturalismo, che a sua volta era un bel passo in avanti rispetto al precedente concetto di diritto divino.

E così via, rinnegando di passaggio in passaggio ogni singolo passo in avanti perchè lo si vede come "borghese e quindi legato alla sinistra", si finisce per impantanarsi nel filone che sembra quasi essere la moda del momento: il tentativo di trovare dei punti di riferimento assoluti e fermi nella storia del concetto di bene, astratti dalla contestualizzazione temporale e quindi sociale.
Una idea di bene assoluto e fuori dal tempo che quindi finisca per essere la riscoperta di una Tradizione ( occhio, scritto con la T maiuscola..... ) che ci muoverebbe verso il bene, praticamente innata, da ricercare dentro noi stessi.
Approccio da cui discende il tentativo di voler in qualche modo riabilitare Heidegger, non si capisce bene per farne cosa, che conduce fatalmente a ritenere che Lenin e Spengler ( o Gramsci e Gentile ) siano infine la stessa cosa semplicemente perchè entrambi ritenevano di avere qualcosa da ridire sul capitalismo.
Il che è inevitabilmente un'eresia, o per essere più precisi una CAZZATA.

Credo che su questo aspetto sia stato sufficientemente tranchant, chiaro, sintetico e definitivo Azzarà:
<
Limitarsi a condannare l’antisemitismo di Heidegger cercando di salvare la sua filosofia è un tentativo disperato, perché l’antisemitismo dell’autore di "Essere e tempo" non ha una dimensione naturalistica, bensì culturale: per lui ‘giudaismo mondiale’ è anzitutto sinonimo di modernità, di umanesimo. La filosofia di Heidegger va rigettata non (solo) in quanto antisemita, ma (soprattutto) in quanto intrinsecamente reazionaria>
Al di la di qualsiasi mistificatoria “caccia al rozzo-bruno”, secondo me abbastanza priva di senso perchè in realtà non credo vi sia da parte di nessuno una volontà cosciente di costruire un rapporto di intelligenza col nemico, è questo - credo - il comunque grave errore di fondo dei vari Jean Claude Michéa, o dell’ultimo Preve e dei loro più giovani epigoni tra i quali risalta Fusaro.
Il senso della loro ricerca si muove in una direzione che è un binario morto.
Non sono mai realmente esistite “terze posizioni” né di destra né di sinistra, o al di la dell'una e dell'altra, rivoluzionarie per costruire il domani che possano fondare sul ripescare un impianto valoriale remotamente alle proprie spalle.
Per come la giri e la rivolti non potrai mai coniugare Spengler con Lenin e se questo valeva 100 anni fa, la conseguenza è che vige oggi il principio per cui, su vari aspetti analitici a proposito del presente, può pure capitare di ritrovarsi d’accordo con un de Benoist ( e non c’è bisogno di strapparsi i capelli per questo ).
Ma costui è sempre stato e resta un reazionario, anche se non può più essere categorizzato come neonazista, e sul terreno sul quale lui si muove a proprio agio, in ultima istanza, nessuna vera causa di emancipazione può riuscire a camminare.
Per contro, piaccia o meno, solo i fascisti possono fare parecchia strada su quello stesso terreno.
Thomas Mann era un conservatore e tuttavia una persona per bene, oltre che un grande scrittore. Criminalizzarlo per essere stato conservatore ed antiliberale non avrebbe senso, ma non bisogna perdere di vista che essere antiliberali ( come anche la sinistra deve essere ) su basi conservatrici e quindi non antiborghesi, crea percorsi politici che, se percorsi con consequenzialità, sono agibili soltanto per gli Schmitt o gli Evola.


Puoi girarla e rivoltarla come vuoi, puoi non condividere le ragioni dei fascisti, ma su queste basi il rischio è ritrovarsi a spianar loro la strada.

Ciò che sta succedendo è l'effetto di una grave sconfitta politica che abbiamo subito da parte del nemico di classe nell'epoca della modernità.
Il nemico si è preso in pugno la modernità e l'ha trasformata in una postmodernità ripugnante ( la post democrazia, i mercati transnazionali che s'impossano della sovranità nell'epoca del post stato, vanificando il senso stesso dell'idea di sovranità dei cittadini. Etc. etc. ).
A fronte del comprensibile e pure giusto rifiuto del postmoderno molti di noi stanno reagendo in modo pessimo recuperando tentazioni premoderne.
Così facendo si perde di vista il senso della tragicità di una rivoluzione passiva che non si dovrebbe assecondare, e al postmoderno non si oppone un'altra modernità ma il suo contrario speculare, non rendendoci conto che il riflesso nello specchio e la cosa riflessa sembrano soltanto opposti ma sono la stessa cosa.

Una rivoluzione passiva può sempre e solo essere una restaurazione.
O rimaniamo capaci di ambire ad una rivoluzione attiva o perdiamo il senso di noi stessi.
Sarà forse perchè ho avuto in vita mia la fortuna di conoscere bene un mio bisnonno, morto a 104 anni quando io ne avevo già 24, e col quale ho potuto parlare molto a lungo mentre ero già abbastanza grande per capire.
Il mio sarà anche un approccio da empirista ma una cosa penso di averla imparata dal confronto con chi aveva vissuto veramente un altro mondo, un mondo passato, un mondo in pratica premoderno rispetto al nostro.
Ciò che credo di aver imparato è che qualsiasi modernità, finanche la modernità capitalistica, è non solo migliore di *questa* postmodernità ma soprattutto è migliore di *qualsiasi* premodernità.

Restare moderni è il modo che abbiamo per restare umani.

lunedì 18 gennaio 2016

Agitazioni truffaldine a "sinistra".



In questi giorni c'è grande "agitazione" ( lollone ) sotto i cieli della "sinistra" circa una serie di operazione di scomposizione-ricomposizione, nel segno del solito burocratame e dei soliti non-progetti.
Da un lato i Viale & Spinelli che cercano di rivitalizzare l'Altra Europa più o meno insieme ad una Rifondazione ormai completamente in disarmo e allo sbando, dall'altro Sel avvia una costituente nella quale cerca di allargarsi cambiando nome, lasciando però temi ( sbagliati o elusi ) ed osceni burocrati culi di piombo, col culo chirurgicamente suturato alla poltrona, tutti al loro posto.

L'operazione merita di essere smascherata.
Se, tanto per fare un esempio tra le centinaia di discorsi di buon senso che si potrebbero citare, hanno ragione P101 [ 1 ]o Giorgio Cremaschi [ 2 ] nel sostenere che non puoi fare assolutamente nulla di positivo senza prima sciogliere il nodo UE-euro ( e possibilmente anche Nato ) e che quindi chi questo nodo lo elude "preferisce perdere" e sta truffando le persone alle quali chiede il voto ed il sostegno, ne consegue che si possono trarre precise conclusioni politiche su tutta una serie di operazioni di ricomposizione ora in corso.

Un articolo che rafforza e chiarisce il concetto è riportato oggi da La Repubblica, cioè la voce del regime: parlo di un sondaggio analizzato da Ilvo Diamanti sul sito de La Repubblica di oggi che ci spiega perchè, checchè ne dicano i burocrati a capo di queste combriccole sinistrate, una nuova alleanza PD-Sel-con-altro-nome è STRUTTURALE e INEVITABILE.

I numeri parlano chiarissimo.
Evidentemente nella cornice di una UE che sta saltando in aria stiamo parlando degli UNICI due partiti rigorosamente europeisti rimasti sulla piazza.
Il PD perchè rappresentano ceti dominanti e finanziari che dall'ordoliberismo e dalla liquidazione delle democrazie costituzionali, traggono profitto.
Sel perchè non ci hanno ancora capito UN CAZZO, poichè dopo aver passato lustri a selezionare il proprio personale politico sulla base del principio "l'intelligenza fa ombra" e non avendo altra prospettiva che raggranellare assessorati a stretto giro di posta, non hanno mai veramente reciso il cordone ombellicale rispetto al PD e quindi rispetto all'europeismo.
Tale vicinanza concettuale vale ormai al punto che queste due funi sono indissolubilmente intrecciate tra loro: piddinismo vuol dire europeismo e europeismo vuol dire piddinismo.

Va da sé che il tentativo di rivitalizzare l'Altra Europa per Tsipras che sta avendo luogo, sotto vari nomi (personalmente spero che il tentativo dei vari Viale e Spinelli di sussumere "Prima le persone", attraverso il vecchio burocratame, all'interno delle logiche europeiste, fallisca con le persone che diano un segno chiaro di non voler più avere tra i piedi questo controproducente ceto intellettuale radical chic), con dietro lo sfondo l'ultimo maldestro tentativo della dirigenza Ferreriana di Rifondazione di riciclarsi cambiando tutto senza cambiare niente, è ancor più inutile del tentativo di Sel.
Perchè non sciogliendo a loro volta lo stesso nodo che non scioglie Sel, il loro progetto è uguale nella sostanza, cioè inutile e nullo. L'altreuropeismo non esiste e non può esistere.
A queste condizioni altreuropeiste delle quali i savi di mente hanno ormai compreso l'inconsistenza....le persone si domanderanno comprensibilmente perchè votare chi sia uguale ad un altro soggetto, quando il primo sicuramente non supererà mai le soglie di sbarramento ed il secondo forse si?

Comunque sia una evidenza resta sul tavolo.
L'ordine europeista, in Italia, può reggersi soltanto se il PD prende la maggioranza assoluta o Sel concorre a fargli avere un premio di maggioranza.

Siccome per questi due soggetti, evidentemente, è l'europeismo il discrimine assoluto tra il male e il bene ed il PD non ha speranza di prendere la maggioranza assoluta da solo, ne consegue che la loro prospettiva di alleanza è necessaria, inevitabile e irreversibile.

Speriamo che ci caschino in pochi.
Quelli che lo fanno consapevolmente, invece, non meritano pietà: sono nemici, traditori della classe lavoratrice e del proprio paese.


[ sarebbe anche il caso di riflettere sul fatto che i sondaggi riportati da Repubblica, pur allarmanti per gli europeisti, lo sono meno di altri sondaggi condotti all'estero sul medesimo tema. Qui, ad esempio, possiamo vedere che in Italia gli antieuropeisti espliciti sarebbero in valore assoluto di più degli europeisti acritici. Se questo è vero, e così ritengo che sia, questo rafforza ancor di più la necessità dell'alleanza tra i partiti a maggioranza europeisti. ]

domenica 17 gennaio 2016

Non il solito appello, ma una proposta di lotta.


PROGRAMMA 101 - MOVIMENTO DI LIBERAZIONE POPOLARE
Sovranità nazionale, Potere popolare, Giustizia sociale

Metti la tua firma! Mettici la faccia


«Sovranità nazionale, Potere popolare, Giustizia sociale: questi i tre principi, contenuti nella Costituzione repubblicana, che difendiamo e che poniamo a fondamento del nostro movimento e che sono in antitesi ai tre dogmi del neoliberismo: globalizzazione, tirannide oligarchica e ingiustizia generalizzata.

Se i partiti tradizionali, di sinistra e di destra, si sono venduti all’oligarchia capitalistica predatrice che detiene tutte le leve di comando, quelli nuovi che hanno momentaneamente raccolto la speranza di cambiamento, sono del tutto inadeguati a vincere la sfida. Confusionari sul piano dei principi, ingannano gli italiani quando sostengono che basti un governo nuovo che faccia qualche rattoppo per salvare il nostro Paese dalla morte lenta a cui lo condanna il tumore maligno neoliberista. No, non guarirà, come suggeriscono certi medici alle prime armi, con delle aspirine. E’ necessario un intervento chirurgico di asportazione.


Il momento della decisione e del coraggio, inesorabile, verrà, e dovremo farci trovare pronti, vigili, ben organizzati. Dovremo già avere costruito un blocco di unità popolare che liberi il nostro Paese dalla gabbia dell’Unione europea e dell’euro prendendo nelle sue mani le sorti del Paese e realizzando senza tentennamenti le grandi trasformazioni di cui esso ha bisogno.


Di questo blocco, faranno parte, in rappresentanza delle diverse classi sociali che hanno interesse a liberarsi dal giogo dell’oligarchia capitalista e predatrice e dei suoi politicanti corrotti, le diverse componenti politiche democratiche e antiliberiste.
Sarà quindi un fronte molto ampio, la cui forza propulsiva sarà tuttavia costituita dai milioni d’italiani che col loro onesto lavoro tengono ancora in vita questo Paese, e dai tanti, giovani anzitutto, che questo sistema condanna come “scarti sociali”, alla disoccupazione, alla precarietà a vita e all’esclusione sociale.

Ci rivolgiamo a coloro che non vogliono che si ripeta la solita storia, che l’universo dei lavoratori e degli esclusi sia usato da trasformisti e gattopardi i quali, per la loro sete di potere, vorranno mettersi alla testa del movimento popolare promettendo di cambiare tutto affinché tutto resti come prima. Chi comanda sta già preparando i suoi fantocci di riserva.

Il nostro è un appello accorato a tutti coloro che vogliono porre fine al doppio regime di protettorato eurocratico ed atlantista evitando così che il Paese sia trascinato dalla Nato in una nuova guerra neocolonialista.


Ci rivolgiamo



-ai patrioti antifascisti che non scambiano la sovranità nazionale col nazionalismo;
ai democratici sinceri che respingono ogni Stato autoritario e oligarchico e immaginano possibile un potere popolare paladino dei diritti e delle libertà civili e individuali;
-ai cittadini che non hanno smarrito l’ideale dell’eguaglianza sociale e che sanno che i discorsi neoliberisti sull’equità e le pari opportunità, sono solo dei paraventi per giustificare disparità sociali indegne e disumane;
-ai giovani ribelli che hanno compreso che chi comanda, usando ogni diavoleria tecnologica e immaginifica, li vuole ridurre in uno stato catatonico di docilità e impotenza;
-ai credenti che non si limitano a pregare, ma prendono sul serio la loro fede come messaggio di fratellanza, pace e di liberazione per i poveri.
Restare alla finestra oggi sarà considerato una colpa domani. Diventa con noi protagonista del cambiamento.

C’è bisogno di ognuno di voi affinché l’Italia non naufraghi e il popolo non sia ridotto in schiavitù!


Questo è un appello ai tanti che condividono le nostre idee a darci una mano, ad aiutarci a costruire una nuova, grande e solida casa del popolo.


Comincia con una firma e poi col metterci anche tu la faccia!
Partecipa al processo costituente di Programma 101–Movimento di Liberazione Popolare»



Per contatti ed adesioni:
e-mail: appello@programma101.orgsito: www.programma101.org





PRIMI FIRMATARI
Angela Matteucci - Funzionario pubblico – Roma; Tony Manigrasso - libero professionista – Torino; Giuliana Nerla - consigliere comunale – Montegiorgio (FM); Giuseppe Amini - imprenditore – Rozzano (MI); Maria Ingrosso – insegnante – Lecce; Barrale Maria Luisa – sociologa – Palermo; Federico Pederzolli - geometra – Trentino; Isabella Massamba - libera professionista – Montefiorino (MO); Carlo Candi - dipendente pubblico – Signa (FI); Norberto Fragiacomo - funzionario pubblico – Trieste; Nino Galloni - economista – Roma; Giorgio Menon [Tonguessy] - tecnico elettronico – Padova; Luigi Plos – lavoratore autonomo – Roma; Simone Boemio - libero professionista – Perugia; Sabino Maurelli – pensionato – Livorno; Ino Cecchinelli – commerciante – Castelnuovo Magra (SP); Michele Luscia - avvocato – Trentino; Nello De Bellis - docente di storia e filosofia – Salerno; Silvia Pennazzi - responsabile commerciale – Firenze; Natascha Cambria Zurro - educatrice disoccupata – Cremona; Matteo Innocenti – operaio – Empoli (FI); Gianluigi Maddalena – pensionato – Schio (VI); Leandro Cioffi - operatore bancario – Salerno; Franco Maggio - docente di italiano e storia – Salerno; Moreno Pasquinelli – giornalista – Foligno (PG); Pier Paolo Filippini - educatore – Pescaglia (LU); Piero Filippone – disoccupato – Palermo; Daniela Di Marco – lavoratrice autonoma – Foligno (PG); Marcello Teti, medico, Perugia; Leonardo Mazzei – pensionato – Castelnuovo di Garfagnana (LU); Emanuele Di Giampaolo - archeologo – Bompietro (PA); Maria Grazia Da Costa – infermiera – Borgo a Mozzano (LU); Enrico Sodacci – sviluppatore software – Perugia; Elena Rappazzo – insegnante – Pisa; Innocenzo Graziuso – insegnante – Lecce; Gianna Poli – impiegata – Castelnuovo di Garfagnana (LU); Anna Paola Azzi – pensionata – Pieve Fosciana (LU); Paolo Loconte - Direttore Formazione professionale – Palermo; Claudia Castangia - impiegata – Foligno (PG); Edoardo Biancalana – artigiano – Viareggio; Emanuele Fanesi - operaio – Perugia; Roberto Grienti – pensionato – Noto (SR); Vittorio Paiotta – insegnante – Pisa; Maurizio Leonardi – esodato – Narni (TR); Daniele D’Arliano – consulente finanziario – Massarosa (LU); Giancarlo D’Andrea - libero professionista – Roma; Graziano Bianchi – operaio – Capannori (LU); Sergio Starace – psicoterapeuta – Lecce; Rodolfo Monacelli - libero professionista – Roma; Beppe De Santis, Programmatore economico libero professionista, Palermo; Fiorenzo Fraioli - insegnante – Frosinone; Rossana Nardini – imprenditrice - Campi B. Firenze; Robero Caggia - Operatore dei Beni culturali e Esperto CNR - Belmonte Mezzagno (PA); Renzo Scalia - Dipendente comunale - Piana degli Albanesi (PA); Mauro Moretti – pensionato – Montecarlo (LU); Filippo Abbate - consulente finanziario - Siena; Maurizio Del Grippo - docente di storia e filosofia – Salerno; Antonino Adamo - piccolo imprenditore – Ciminna (PA); Letizia Natale – pensionata – Livorno; Matteo Bortolon – saggista – Firenze; Angelo Sicilia - saggista, formatore e promotore della cultura immateriale siciliana – Palermo; Francesca Faienza - tutor di master – Firenze; Roberto Debiasi – architetto – Trentino; Salvatore Mannina - artigiano e esperto di sviluppo locale – Ciminna (PA); Fabio Massimo Frati - Segreteria Nazionale C.U.B - Trasporti – Roma; Marco Incardone – scrittore – Firenze; Giacomo Bandini, libero professionista, Firenze; Umberto Puccinelli – Architetto – Viareggio; Giovanna Ubaldeschi - insegnante – Milano; Pietro Attinasi - Preside Dirigente scolastico - Geraci Siculo (PA); Luciano Nardini – imprenditore - Campi B. Firenze; Vanna Logi - insegnante – Roma; Enea Boria - dipendente pubblico – Dairago (MI); Manuel Valter de Palma - studente universitario – Milano; Ruggero Arenella - video operatore – Torino; Jacopo Brogi - impiegato università – Siena; Giuseppe Di Martino - Sindaco Comune di Castellana sicula (PA); Laura Dalle Molle – pensionata – Schio (VI); Antonio Giovanni Minutella - architetto – Cefalù (PA); Michele Berti - ingegnere-ristoratore – Trentino; Massimiliano Del Carlo – artigiano – Castelnuovo di Garfagnana (LU); Claudia Ceccatelli Chesi - impiegata – Montespertoli (FI); Anna Saiani - psicologa-animatrice RSA – Trentino; Francesco Sutera - dirigente servizio sociosanitario territoriale - Piana degli Albanesi (PA); Lucio Dallaserra - dirigente d'azienda settore serramenti – Trentino; Rosana Patti – insegnante – Roma; Vincenzo Barbarulli – impiegato – Milano;  Compagno Antonella - medico chirurgo d'emergenza – Palermo; Andrea Gasparini  - operatore alberghiero – Vaglia (FI); Nina Tòlstikova - dottoressa in pedagogia – Salerno; Patrizia Mazzei – pensionata – Castelnuovo di Garfagnana (LU);



sabato 16 gennaio 2016

Immigrazione: per un abbozzo di analisi sistemica.

Dopo i fatti di Colonia i giornali si sono, ancora una volta, riempiti di polemiche ed articoli general-generalissimi sull'immigrazione e i problemi annessi e correlati alla questione dell'integrazione degli immigrati.

Provo ogni volta una profonda costernazione di fronte all'approccio estremamente immaturo dei nostri media e della nostra politica e non so sinceramente dire chi, tra i due, sia al seguito dell'altro.
Il problema, ogni volta che si pone, sia che accada per un episodio di cronaca nera sia per l'ennesima strage di morti annegati in mare, non viene mai seriamente analizzato inquadrandolo in una cornice sistemica che quindi indaghi le radici profonde sulla scorta di una qualche serietà di analisi, sapendo prospettare soluzioni plausibili.
Siccome il potere politico e le strategie dei media sono fortissimamente interconnesse non posso non trarre la conclusione che questa superficialità sia cercata e voluta.
Lo scopo è dividere l'opinione pubblica sulla base di una serie di false flags il cui scopo è proprio mascherare dietro una spessa tenda di inutile retorica la riflessione sul necessario: lo scopo è prevenire il rischio che l'opinione pubblica si orienti in una direzione che danneggi interessi dominanti.
Quali sono questi interessi? Ne vedo diversi.
Un interesse dell'industria e della malavita nel reiterare le condizioni di estremo sfruttamento degli immigrati resi clandestini - e quindi indefinitamente ricattabili - dalla legge Bossi-Fini ( e specifico che non considero migliore la precedente Turco-Napolitano, per la quale i Lager si chiamavano CIE invece che CPT, ma la musica era sostanzialmente la medesima ).
Dall'altro lato c'è il problema del mercato politico: un po' perché si vogliono trasversalmente difendere gli interessi di cui sopra e dello status quo, un po' perché credo non ci siano nemmeno le competenze per prospettare soluzioni realistiche e sostenibili, fa comodo a tutti i partiti dividersi su criminalizzazione xenofoba degli immigrati da destra, e beatificazione altrettanto a priori da sinistra secondo il mito rousseauiano del buon migrante, il che alla fine non fa niente a propria volta per prospettare un realistico percorso affinché queste povere anime vengano aiutate a migliorare la propria condizione di vita.

Una destra bieca, fondamentalmente razzista, becera ed islamofoba come quella della Lega in un contesto che la agevola, cioè la paura del domani di chi si sta impoverendo, trova nella xenofobia di pancia un buon veicolo per racimolare voti.
Specularmente una sinistra con niente di serio da dire, a proposito di nulla, cerca una legittimazione nel mero antileghismo.

Si tratta di una dimensione sterile, inutile, demagogica da entrambe le parti, ma in fondo estremamente comoda per tutti dato che pare che nessuno sia seriamente intenzionato nemmeno a cercare di governare questo paese e la lotta internazionale ( ed internazionalista ) per la deglobalizzazione.

Così la questione dell'immigrazione torna sulle prime pagine dei giornali ad animare l'inutile rumore di fondo dei nostri politicanti, ogni volta che muore qualche povero Cristo in mare o che capita un caso di cronaca nera.
Ed ogni volta, punto e a capo, torniamo al punto di partenza senza aver non dico risolto, ma nemmeno aver provato a prospettare qualcosa.

Io non ho fatto studi approfonditi di mediazione interculturale e non sono una specialista di politica economica che sappia indicare cosa inventarsi per dare un tetto sulla testa e pane a ciascuno.
Il terreno delle soluzioni, quello più difficile, esula quindi dalle mie competenze e lo ammetto con umiltà, tuttavia penso di poter affrontare lo sforzo preventivo di inquadrare il fenomeno in una cornice sistemica; credo inoltre che il semplice ragionare con consequenzialità su questa cornice possa già indicarci varie iniziative intorno alle quali cercare di costruire un consenso, perché pur essendo piccole cose potrebbero aiutare ad alleggerire la posizione nostra e degli immigrati.

Esiste un primo piano di assoluta civiltà e buon senso: Frontex, i regolamenti UE di Dublino e la legge Bossi-Fini, sono leggi e regolamenti criminali.
Se non si vogliono ogni pochi mesi piangere centinaia di persone morte in mare bisogna mettere la parola fine a Frontex, a Dublino II/III e bisogna smetterla con la Bossi-Fini.
O diventa possibile spostarsi con mezzi leciti, e quindi sicuri, o tra poco tempo andrà a finire che sarà possibile andare da Pozzallo a Sirte a piedi senza bagnarsi, camminando sui morti a galla.
MA.....Purtroppo non è così semplice.
Questi strumenti che cercano di impedire che le persone arrivino sulle coste e ai confini del Sud Europa, o ipocritamente cercano di fare in modo che non ci arrivino vivi ( gli scafisti esistono perché i regolamenti UE impediscono di arrivare utilizzando un volo low cost, meno costoso, legale e sicuro. Parlo della Direttiva Europea 51 del 2001 ) non ci forniscono ancora strumenti per fronteggiare il problema per cui senza poter offrire lavoro non si offre una prospettiva di integrazione, ma quella di andare a sopravvivere dentro una qualche sacca di emarginazione sociale più o meno omologa alle banlieue francesi.
Mare Nostrum è solo una pezza sul buco, una battaglia di estrema retroguardia e come tutte le pezze sul buco non è indefinitamente sostenibile.
Dobbiamo preventivamente identificare il cuore del problema.
Se si vuole parlare seriamente di immigrazione dall'Africa e dal Medio Oriente, allora, bisogna parlare di tutta una serie di contraddizione all'origine del fenomeno.

1) la PAC-UE, politica agricola comune europea, ( difesa in primis dalla Francia ma votata al parlamento europeo anche dalla Lega nella persona stessa di Salvini ) è fondata sulla pratica del dumping contro le produzioni agricole sub sahariane.
Il depauperamento degli agricoltori africani alimenta poi ulteriormente la pratica del "land grabbing". Prima li strangoliamo di debiti, affinché oltre a non avere lavoro e da mangiare....finiscano per venderci anche la terra.
Questo gioco è criminale ed è una politica europea sulla quale non ha mai niente da dire nessuno.
L'Unione Europea, oltre alla merda che abbiamo in casa tra €uro, bail-in, fiscal compact, European Redemption Found, è anche questa merda qui rivolta verso l'esterno: la PAC.
Se non possiamo chiamarlo imperialismo si chiama in ogni caso, come minimo, neocolonialismo e dobbiamo assolutamente, in patria, aprire una seria discussione per decidere se riteniamo possibile ed accettabile reiterare una politica estera e commerciale di matrice neocolonialista.
Se la risposta è un secco NO, allora dobbiamo capire come cambiare rotta e una seria riflessione non potrà non condurci alla conclusione che non è possibile, neanche su questo fronte, ripudiare le politiche UE senza ripudiare l'UE.
Finiamola si sbandierare i sogni di Spinelli, e facciamo i conti con le contraddizioni reali.
Questa merda si combatte, e si abbatte, non si cambia dal di dentro perché semplicemente non è realistico, dato che non ce ne sarà mai la volontà politica contemporaneamente ed in maniera concomitante sull'intera scala continentale.
La matrice politica dell'UE nei confronti del resto del mondo è neocolonialista, e non è democratizzabile dall'interno.

2) qualcuno mi deve spiegare come accidente possano fare:
Benin, Burkina Faso, Costa d'Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal, Togo, Camerun, Repubblica Centroafricana, Repubblica del Congo, Gabon, Guinea Equatoriale e Ciad a reggere il cambio fisso rispetto all'€ quando non ce la fanno Spagna, Italia, Irlanda, Portogallo, Grecia, Cipro etc.
Il colonialismo produce i suoi effetti, e qualcuno ci guadagna.
http://www.marx21.it/internazionale/africa/1398-qinsisto-che-bisogna-al-piu-presto-ripudiare-il-franco-cfaq.html#

E' inutile perdere tempo intorno ai concetti, quello rappresentato nell'immagine è un lascito dei vecchi regimi coloniali ma sarebbe un po' troppo semplice pensare che sia il solito vecchio sciovinismo francese a non voler mollare l'osso: oggi di questo regime è la BCE intera che si fa garante.
Il vampiro si chiama Unione Europea e questo è un ottimo motivo in più per volerla tutti quanti combattere, indipendentemente dal fatto che continuano ad essere i francesi che stanno sul terreno a garantire che il capitale venga remunerato.
Su tutto questo Lega e FN francese non hanno un accidente da ridire.
Ma per non correre il rischio di dover criticare questo stesso identico modello anche in casa nostra.....come faccio ad accettare una sinistra che si limita a proporre il "tampone" Mare nostrum senza affrontare di petto la questione neocolonialismo?
Vorrei inoltre segnalare che l'atteggiamento di Lega ed FN qualifica il loro sovranismo come una usurpazione di sovranismo.
Un sovranista è un patriota ed un antifascista, e nulla vieta che sia insieme anche un internazionalista. Ciò si fonda sul fatto che l'amore per il proprio Paese e per il proprio popolo non passa attraverso la pretesa di usurpare dei propri diritti e delle proprie prerogative i popoli ed i Paesi altrui.
Non esiste un amor di patria che abbia più dignità di qualsiasi altro; il sovranista esige il rispetto della sovranità del proprio popolo e rispetta quella altrui.
Questo qualifica la differenza profonda ed insanabile tra sovranismo, patriottico e democratico, e lo sciovinismo che in ultima istanza è lo stesso nazionalismo di sempre.

3) il cosidetto Kimberley process, nato per impedire lo smercio dei cosidetti blood diamond, è una cortina fumogena.
In realtà non traccia un accidente di niente, anzi, all'atto pratico difende il cartello tenuto in piedi da de Beers ( olandese ) come in molti denunciano.
Il risultato è che se uno stato africano si rimpossessasse dei propri diamanti e dei propri canali di vendita verrebbe sempre automaticamente messo all'indice dal consorzio del Kimberley process, democratico o dittatoriale che sia questo paese.
Il cartello "umanitario" però non ha nulla da ridire sul fatto che de Beers faccia incetta e tenga tonnellate di pietre grezze nei caveau per tenere alto il prezzo.
Nel frattempo paesi europei ( + Israele, seconda piazza dei diamanti al mondo a Tel Aviv dopo Anversa ) continuano a finanziare guerre per poter estrarre senza pagare diritti di estrazione a chicchessia approfittando del caos, o riservandosi di poter barattare pietre grezze contro residuati bellici.



4) Quanto viene fatto coi diamanti viene replicato nel continente africano anche per petrolio, oro, uranio e terre rare. Tutte materie prime rare, pregiate ed altamente costose utilizzate in processi industriali che producono elevato valore aggiunto, che i paesi europei hanno bisogno di importare.
Parlo esattamente dello stesso meccanismo messo in atto per i diamanti, ma in questi casi non ci siamo inventati nemmeno un Kimberley process che non funziona.
La scelta in Europa è stata: facciamo direttamente finta di non vedere.
I neoliberisti dei partiti afferenti al PP, al Alde e al PSE mangiano ciascuno la propria fetta di torta; i leghisti di tutta Europa criminalizzano gli sfruttati che scappano da tutto questo ma non hanno nulla da dire su niente che riguardi lo sfruttamento delle persone, Verdi Europei semplicemente non pervenuti e la "sinistra carina", a propria volta, non ha niente da dire sullo sfruttamento che genera la fuga di disperati.
Si limitano, una volta che essi siano arrivati sulle nostre coste, a cercare di ritirare su il 3,5% alle elezioni facendo il contro canto speculare alle grida leghiste senza però proporre mai nulla.

5) Dobbiamo mantenere la capacità di analizzare le contraddizioni reali entro la dimensione della loro concreta materialità, rendendoci conto del fatto che grandi movimenti di persone disperate sono un fenomeno consustanziale all'aumento delle disparità e delle sperequazioni delle condizioni di vita e al fenomeno della esportazione della democrazia manu militari.
Se la ricchezza tende ad essere concentrata in una precisa parte di mondo molte persone si muoveranno in questa direzione, cioè si muoveranno lungo la stessa direttrice ma in verso contrario al movimento del denaro dai paesi ricchi ai paesi poveri, il quale normalmente imbriglia questi stessi paesi con le catene del debito.
Nulla di nuovo sotto il sole, basta aprire un libro di storia per rendersene conto, anche il più famoso ( ma allo stesso generico ) del '900.
La prima parte de Il secolo breve di Hobsbawm, ad esempio, spiega il processo piuttosto chiaramente parlando della convulsa fase storica che va dal collasso del laissez faire allo scoppio della prima guerra mondiale, nella quale si scaricano le tensioni accumulate tra l'espansionismo guerrafondaio della Germania e gli interessi commerciali di cui era veicolo materiale il gold standard, sul quale si fondava la grandezza economica dell'impero britannico.
Pagine intere per spiegare quali furono le contraddizioni politiche che resero il quadro insostenibile ed, tra queste....le migrazioni di massa che gli stati non sapevano più come gestire.
Esattamente, di massa, già allora.
Esse non c'erano in misura altrettanto massiva nel corso dei 30 anni keynesiani del secondo dopo guerra non perché le frontiere fossero più chiuse, ma perché nonostante gli strascichi dell'ultimo colonialismo ( francese ), c'era la repressione finanziaria dentro la cornice degli accordi di Bretton Woods.
Per quello che riguarda la dimensione neocoloniale degli investimenti occidentali vale la pena di dedicare poco più di un quarto d'ora a riascoltare un famoso discorso di Thomas Sankara del 1987:


Questo è quanto accade nei paesi sorgente del fenomeno migratorio.
Una prima cosa che è importante notare è che ciò di cui parlava Sankara 30 anni fa a proposito dell'Africa, sostanzialmente definibile come la politica economica e commerciale del Fondo Monetario Internazionale nei paesi emergenti, era oggetto della riflessione del movimento noglobal tra la fine degli anni '90 e l'inizio del nuovo millennio ed è sostanzialmente sovrapponibile nelle proprie linee guida alla politica del neoliberismo che, attraverso la UE, ha avuto corso forzoso nei rapporti intraeuropei dall'introduzione dell'euro in qua.
Ho vissuto quegli anni come giovane militante impegnato nell'attivismo studentesco, e seguii le elaborazioni di quel movimento.  Nessuno mi toglierà mai dalla testa che per il potere fu necessario disperdere, a Genova nel 2001, quel nascente movimento con un bagno di sangue perché avevamo a disposizione tutti gli elementi per comprendere il senso profondo di ciò che l'Unione Europea stava per diventare.
Era sufficiente fare una ulteriore associazione logica veramente minima, e di certo l'analisi era avanzata nella critica al liberoscambismo.
In parte sussumere pezzi di movimenti da parte di partiti che avevano come solo ed unico scopo 3 assessorati e quindi non volevano più essere realmente antisistemici era la sparanza di alcuni, in parte arginare il movimento disperdendolo, da parte del potere e delle istituzioni, era una necessità prioritaria ed era necessario riuscirci in tempi stretti.
Purtroppo ci riuscirono ed aprirono nel cuore della mia generazione una ferita che non si rimarginerà mai.

Non fu ( solo ) il governo Prodi II ed i sacrifici che ci vennero chiesti per tenere al governo lo stesso Padoa Schioppa che ci diede dei bamboccioni nel nome della maggior gloria della sinistra ( ? ) a disperdere la partecipazione alla politica della mia generazione.
Fino al 2001 eravamo in tanti a partecipare su argomentazioni anche radicali ma senza essere burattini di partiti dei quali già allora ci fidavamo poco, in parte per le loro compromissioni in parte per i loro sterili dogmatismi nominalisti, fatti di grandi citazioni senza alcuna sostanza mentre si teneva il culo in strada.
Purtroppo però le nostre fondamenta non erano abbastanza solido perchè avevamo alle spalle 15 anni di riflusso politico delle generazioni precedenti, e soprattutto a Genova ci dissero in faccia "siamo disposti a uccidervi per non permettervi di cambiare un bel niente".
Mancò la forza di accettare la sfida e rispondere vi aspettiamo.Non ne faccio una colpa a nessuno, io per primo non ho la vocazione né del martire né dell'eroe.
Mi limito a constatare che purtroppo, però, vinsero.
Da allora, nella politica italiana, è rimasto soltanto un grande vuoto.
In ogni caso quel che è stato è stato, oggi dobbiamo tenere fermo in mente il valido principio proposto da Emiliano Brancaccio: per liberare gli immigrati occorre arrestare i capitali.

6) Direttamente collegati agli argomenti del punto 5) ci sono anche specificità completamente intraeuropee a determinare la difficile governabilità del fenomeno migratorio.
Per spiegarle rimando ad un importante spezzone del documentario indipendente Il più grande successo dell'euro.Dal minuto 44:00 del film e successivi avete modo di capire cosa io intenda attraverso le parole di Alekos Alavanos ( fondatore di Syriza, fuoriscito, attualmente leader del movimento politico Sxedio B che collabora con Unità Popolare e ha come elemento caratterizzante la tematica dell'abbandono della UE e dell'euro ).
Alavanos ci dice una cosa importante: i paesi dell'eurozona sono paesi cari, costosi, questo a causa anche della propria moneta molto forte, irrealisticamente forte per tutti i paesi della periferia Sud dell'Europa.
Una moneta buona non tanto per circolare e per la creazione di lavoro quanto, al contrario, per la tesaurizzazione.
Per questo motivo in Grecia molte persone arrivano, via Turchia, ben sapendo che il regolamento di Dublino III le obbligherà a rimanere in Grecia, cioè un paese relativamente povero e con poco lavoro. Eppure si fermano.
Perché lo fanno quando potrebbero fermarsi in Turchia, paese che spesso gli è anche culturalmente più vicino essendo un paese musulmano e nel quale è più semplice trovare lavoro?
Perché molte di queste persone non hanno intenzione di abbandonare definitivamente il proprio paese, ma di raggranellare per qualche anno della valuta forte che gli permetta di vivere bene una volta ritornati a casa e per questo accettano le condizioni peggiori che la Grecia può, nell'immediato, offrire. Senza contare che le rimesse alle famiglie rimaste in patria fruttano molto di più, in questi paesi, se sono in euro invece che in lire turche.
In Turchia ci andrebbero per lavorare e rimanerci; non avendone intenzione la Grecia è più ambita per motivo di tesaurizzazione a breve termine.
A ben vedere vale la stessa identica cosa anche per noi.
Questa moneta buona per l'accumulazione e la tesaurizzazione non possiamo reggerla, per N motivi; tra questi anche il fatto che le sue caratteristiche intrinseche e la sua irrealistica proprietà di moneta troppo forte ( in primis per noi stessi ), concorre a rendere non sostenibile il fenomeno migratorio.

7) Tutte le considerazioni sin qui accumulate concorrono già a formare un quadro di analisi coerente che bisogna saper descrivere non concedendo nulla alla retorica dei movimenti politici che, sfruttando la paura dello shock da globalizzazione ( di cui le migrazioni massive sono un epifenomeno ), senza da un lato dir nulla di serio per contestare questo ordine economico cercano di sfruttare la paura del domani per raggranellare voti con la xenofobia e l'islamofobia.
Su queste tematiche occorre essere trancianti, poggiando su fondamenta analitiche solide.
Occorre essere chiari  sul fatto che i flussi migratori non si controllano né controllando le frontiere di terra né quelle di mare attraverso la militarizzazione delle stesse, anche perché questo comporta lo sparare a vista ed uccidere quelli che cercano di arrivare.
Il resto è ipocrisia, tanto vale dirlo e assumersi la responsabilità delle stragi. Questo a leghisti e consimili va rinfacciato senza mezzi termini.
I flussi si controllano controllando il movimento di soldi e merci; l'immigrazione diventa libera non perché arriva quella minchiona della Boldrini a dire di spalancare le frontiere ( le frontiere sono incontrollabili COMUNQUE, a meno che non si decida di sparare a vista ), ma perché un equo commerciare rende possibile non fare la fame nei paesi di origine; a quel punto la voglia di sradicarsi passa ai più e restano i pochi che si spostano solo per legittima ambizione ma che, nei numeri, son così pochi da non essere un problema per nessuno.
Anzi, sono i regolamenti UE che impediscono di arrivare spendendo 80€ per un volo low cost, che rendono ancora più ingestibile la situazione: perché costringono loro a spendere decine e decine di volte di più per ingrassare la mafia degli scafisti, costringendo poi gli stati a spendere centinaia di milioni per pattugliare i mari con le marine militari, che non stanno di pattuglia in alto mare gratis.
Quindi alla Lega occorre rinfacciare che loro erano al governo quando son stati firmati anche dall'Italia regolamenti come il Dublino II e Dublino III, che impongono al paese che riceve gli immigrati di tenerli nei propri confini per i successivi 10 anni quando molti in Grecia o in Italia preferirebbero non fermarsi affatto, vanificando anche delle richieste per ricongiungimento familiare. ( ricordiamoci che era proprio di questo tipo il problema accaduto l'anno scorso alla frontiere di Ventimiglia quando i francesi di fatto sospesero Schengen ai nostri confini )
Volete risparmiare?
Fateli venire con Rian Air.
Si toglieranno soldi alla mafia, niente morti in mare, centinaia di milioni risparmiati in pattugliamenti della Marina Militare.
Volete controllare i flussi perché qua di lavoro già ce n'è poco? E' sensato, ma sensato altrettanto deve essere il come.
Bisogna prima astenersi dal fare bombardamenti destabilizzando intere aree e regolamentare i flussi di denaro: chi non subisce colonialismo commerciale e non si ritrova con la casa distrutta dai bombardamenti, preferisce rimanere a casa propria.

8) In coda a tutto il resto l'analisi generale e le soluzioni proposte devono essere concrete, verificabili e serie.
Avere solidarietà, spirito umanitario ed altruismo tra le proprie motivazioni va bene, ma non si possono pretendere, come fa l'odierna sinistra carina a misura di ricchi radical chic che vivono in centro e non hanno mai visto di persona una periferia, dei generosissimi slanci di generosità da un popolo giustamente arrabbiato ed immiserito.
Ogni cosa che venga proposta deve essere ben circostanziata altrimenti rischia di rivelarsi un boomerang.
Qua, ad esempio, abbiamo un caso di positiva e seria impostazione dell'argomentazione.
Smonta la retorica di quanti credono che siamo in crisi per via dell'immigrazione, o magari protestano anche contro l'euro ma alla fine si fanno scudo soprattutto delle proprie pulsioni islamofobe, costituendo il bacino elettorale della Lega.
Non mi illudo che queste argomentazioni possano facilmente arginare il fenomeno della montante ondata xenofoba in un paese comprensibilmente impaurito circa il proprio domani e nel quale l'analfabetismo funzionale riguarda quasi il 50% della popolazione.
Ma di certo la Boldrini serve solo a regalare voti alla Lega: il punto è saper semplificare i fatti di un articolo come quello proposto senza banalizzarlo. Solo in questo modo si può cominciare a costruire un argine e si può pensare di ricostruire una narrazione politica di taglio socialista e solidaristico.
Tuttavia mi riservo anche di avere dei dubbi su quello stesso articolo, non ritenendo sufficientemente completa la sua cornice di analisi.
Da esso si può trarre la conclusione che sia destituita di senso l'affermazione secondo la quale saremmo in crisi per via dell'immigrazione, ma nello stesso tempo non si possono ricavare sufficienti informazione su quale sia l'entità del fenomeno migratorio per poter essere definito come sostenibile, né abbiamo informazioni stringenti su quelli che sono gli enormi costi in termini di congestione ambientale in caso di secco aumento della popolazione residente per via di fenomeni migratori massivi.
In effetti si tratta di costi non da poco: far aumentare in misura rilevante la popolazione residente renderebbe insufficiente l'edilizia abitativa e le infrastrutture della viabilità in un paese già pesantemente congestionato e cementificato nel quale, per esemplificare, abbiamo la stessa popolazione della Francia dentro un po' meno della metà dei Km quadrati di superficie.
Punto di vista concettualmente diverso rispetto a quello del post dal blog di Economia e Politica, cioè discorso tutto quanto incentrato sul concetto di sostenibilità, è quello portato avanti nel corso dell'ultimo anno dai compagni e dalle compagne del MPL sulla pagina web Sollevazione.
Questa impostazione ha il pregio di concentrarsi sull'importante concetto della sostenibilità e di farlo in forma non disgiunta da una seria operazione di contrasto a forme culturali di razzismo, denunciando la montante ondata di islamofobia ed i loschi interessi politici che la manipolano.
Bene, ma non del tutto, nel senso che secondo me le due prospettive e le due impostazioni citate vanno più profondamente integrate essendo ciascuna delle due, presa da sola, ancora insufficiente.
La prima argomentazione smonta la denuncia dei costi dell'immigrazione così come essi vengono denunciati dagli xenofobi, ma omette l'analisi dei costi che in ogni caso ci sono, la seconda si concentra troppo su questi stessi costi spostando tutto il discorso politico su un piano, temo, troppo difficile da contendere alla destra. E forse contiene anche un errore di prospettiva: mi riferisco in particolar modo alla riflessione proposta sulla piramide demografica.
Il problema che voglio evidenziare è che dall'inizio degli anni '90, cioè dall'inizio degli anni della grande ritirata dello stato dall'economia, anni nel corso dei quali abbiamo liquidato l'impresa pubblica di stato e dissanguato il paese forzando la convergenza verso l'euro ed ancor più negli anni della moneta unica, l'intero paese ha vissuto una lunghissima stagione di stagnazione economica.
Lavoro sempre più asfittico, sempre meno retribuito, servizi e retribuzioni costantemente fermi o in calo, fino a quando siamo entrati in una recessione così grave e lunga da poter essere definita come depressione, a questo punto chiaramente destinata ad essere ricordata dai libri di storia come la più lunga e grave dalla crisi mondiale del 1929 compresa.
Sono almeno 25 anni che il lavoro sta col collo dentro al cappio e le conseguenze sociali non sono state soltanto lo sfilacciamento del tessuto sociale che produce l'anomia politica contro la quale stiamo combattendo.
Una delle conseguenze più gravi consiste nel fatto che l'Italia sta vivendo una autentica tragedia demografica, solo di poco meno grave di quella che attraversa la Germania.

E' chiaro che se tornassimo ad avere lavoro e stato sociale ( primum, quindi, ripudiare l'UE ) tante persone sarebbero contente di tornare ad avere una famiglia.
Qua invece abbiamo già avuto almeno 2 generazioni, tra le quali la mia, che di figli ne hanno fatti drammaticamente pochi e non fanno ormai più in tempo a farne altri anche se le politiche dello stato si invertissero, dato che l'età fertile non è infinita.
Mettendo in atto politiche volte a redistribuire ricchezza e riampliare il regime di servizi a copertura universalistica e gratuita, molti ragazzi e le ragazze si sposerebbero e farebbero con piacere un paio di figli, a differenza di quanto fatto dai giovani ( spesso non per loro volontà ma perchè incastrati in una drammatica precarietà del vivere ) negli ultimi 25 anni.
Ma anche insediando un governo che compia, in politica economica, le mosse necessarie, prima di raccogliere i frutti in termini di inversione del trend demografico, che è l'ultimissimo effetto che si raccoglie per ricaduta a tutto il resto, ci vorrebbero 10, forse 15 anni.
Siccome non è data possibilità di mantenere un buon sistema previdenziale e un sistema produttivo moderno con una popolazione in veloce contrazione e rapido invecchiamento, anche nell'ipotesi di riprendersi la sovranità monetaria, fiscale e commerciale, qua nella logica di mantenere il dato demografico del paese *stabile*, liberarsi dall'UE serve a dare lavoro agli italiani e ad una quota rilevante di nuovi arrivati all'anno per una decina d'anni. Non mi sorprenderebbe che calcoli seri che lascio, per competenza, fare ad economisti e sociologi, definissero che questa cifra possa arrivare ad avere 5 zeri su base annua da qui a una decina d'anni.
Altrimenti collassiamo comunque, anche senza UE tra le scatole.
Finché non avremo strumenti per gestire una decrescita non infelice ( e questo strumento a mio avviso si chiama socialismo, ma non lo avremo con un rapido schiocco di dita ) la stabilità del dato demografico è un parametro necessario in qualsiasi prospettiva di stabilità socio-economica.
Se vogliamo rimanere circa 60 milioni di persone, e credo ciò sia necessario per non far collassare definitivamente i sistemi produttivi e previdenziali, invertire il ciclo economico permetterebbe di non far più scappare all'estero tantissimi giovani - non dimentichiamo infatti che oggi quelli che escono sono circa quanti quelli che entrano - ma con un drammatico "buco" di 2 generazioni almeno che di figli non ne han potuti fare, se non si integra seriamente un paio di milioni di immigrati ( almeno ), non avremo altra prospettiva che il collasso.
Questo è il senso drammatico della pericolosa strada sulla quale un trentennio di ordoliberismo a corso forzoso ci ha incamminati: siamo stati messi su una strada senza alternativa ed a questo punto non è più in questione se vogliamo gestire forme di integrazione per una così rilevante fetta di popolazione residente di origine non indigena, ma solo il come farlo. Non sarà semplice, certo, ma ormai è inevitabile.


9) A proposito di quest'ultima questione credo che qualche spunto di riflessione seria, pur espressa in forma sarcastica, ce l'abbia proposta Fiorenzo Fraioli dal cui blog estrapolerò qualche concetto generale e delle immagini.
Intanto ha ragione il Fraioli nel sostenere che qua il problema è di marginalismo puro, e per tutta una serie di motivi a proposito dei quali mi sono dilungato in precedenza, qua non si tratta affatto di sentirsi in colpa per il nostro remoto passato imperialistico e coloniale, da non dimenticare certamente ma che non ci porterebbe a risolvere i problemi odierni perché il senso di colpa non è una soluzione.
Qua si tratta di contendere radicalmente le fondamenta delle politiche imperialiste e colonialiste dell'oggi.
Altra questione proposta sempre da Fiorenzo Fraioli si trova in quest'altro post; più precisamente nella tabella proposta e nella sua analisi.
Essa evidenzia in maniera lampante come, a noi, ci abbia fottuti Schengen e l'ansia di voler espandere il mercato comune europeo verso est. Un altro dei fenomeni avvenuti perché la Germania ha avuto saldamente in mano le redini del gioco e che non inizia da ora ma già dal 1990.
Infatti fu quest'ansia tutta tedesca, non dimentichiamolo, di espandere la propria economia attraverso i propri satelliti che provocò l'esplosione violenta del decennio delle guerre in Yugoslavia con il riconoscimento assolutamente prematuro ed unilaterale della indipendenza della Slovenia e della Croazia, dove di fatto il marco tedesco già da tempo circolava come moneta parallela. ( in un numero di Limes del 1996, il quotidiano italiano di Geopolitica diretto da Lucio Caracciolo, vi era anche una intervista all'allora ministro degli esteri italiano De Michelis il quale ricordava che in una riunione di paesi europei nessuno tranne la sola Germania voleva riconoscere immediatamente l'indipendenza dei due paesi per paura delle conseguenze, e fu la diplomazione del cancelliere Kohl ad imporsi: "Slovenia e Croazia indipendenti subito o dell'euro non se ne fa niente". Quale splendida occasione sarebbe stata per rispondere "allora non se ne fa niente". Almeno oggi, però, avremmo il dovere di riflettere su come si compose questo nuovo Impero chiamato UE, e su come di esso la guerra sia componente strutturale fin dalla nascita, non solo dalla vicenda Ucraina in qua. )
Tornando all'analisi di Fraioli, ad ogni modo, possiamo farci un'idea di cosa potrebbere essere una politica sostenibile in fatto di gestione dell'immigrazione.
a) separare concettualmente i rifugiati dagli immigrati economici e prevedere un diverso tipo di trattamento.
Stabilire procedimenti certi per un rapido ed univoco riconoscimento come rifugiati per chi scappa dalle guerre, fornendo documenti ed asilo assolutamente sicuri, e verso l'esterno concorrere a limitare l'esistenza di questo fenomeno avviando la disgregazione della Nato.Infatti è evidente di cosa sia figlia l'ondata di rifugiati siriani: delle guerra alle quali anche noi abbiamo preso parte in Medio Oriente al seguito degli USA da 25 anni qua.
Ebbene, gli statunitensi vadano a combattere da soli. Probabilmente ci andranno meno di frequente se non concorreremo a coprir loro le spalle, così questo mondo sarà più sicuro per tutti e saranno anche meno i rifugiati da gestire.
b) Uscire all'UE serve anche per uscire da Schengen. A quel punto per chi non arriva da un paese in guerra, né ridotto nelle miserabili condizioni dei paesi dell'Africa sub sahariana, ( e come vediamo il dato impressionante nei numeri è quello che riguarda i Rumeni ), diventerebbe semplice per un paese sovrano stabilire quote di accesso.
Certo prima rimuovendo l'oscena legge Bossi-Fini, che col reato di clandestinità ha solo reso più ricattabili le persone e istituito lager che costano milioni nella loro gestione.
Non dimentichiamo a tale proposito le intercettazioni nel corso dell'indagine romana di mafia-capitale, nella quale mafiosi e politicanti si dicevano che con le cooperative che gestiscono i CPT ci si guadagna di più che con lo spaccio di droga.
Identificazione rapida per chi arriva, auspicabilmente in aereo sradicando così il racket degli scafisti, e per chi non ha documenti lo stato ne rilascerà di nuovi. E poi un anno di tempo per trovare lavoro in un contesto nel quale lo stato si impegni davvero a creare lavoro, per tutti i residenti.
Se dopo un anno il lavoro non è stato trovato non è colpa di nessuno, non possiamo tenere degli indigenti che saranno facilmente strumentalizzabili dalla malavita, ma a quel punto con l'equivalente pro capite di 5 giorni di CPT, possiamo pagare un biglietto di aereo per tornare in tutta sicurezza a casa.
In ogni modo chiarezza sul fatto che la legge Bossi-Fini è servita solo a creare le stesse contraddizioni sulle quali oggi gli xenofobi raggranellano voti ( e non sorprende che recentemente anche il demagogo Renzi abbia detto che quella legge è sbagliata ma non va cambiata. Essa conviene a tutti, tranne al popolo italiano e agli immigrati ).
Sono convinto che in una simile cornice la gestione dell'accoglienza diventerebbe più semplice, equa e realistica, e con un saggio governo possa risultare sostenibile e profittevole per ciascuno.

10) Per quello che riguarda la gestione dell'integrazione, da non confodere con l'assimilazione culturale che è un fenomeno violento, la grande questione in sospeso è la gestione dell'istruzione pubblica e della laicità dello stato, in modo che il nostro Paese non sia discriminatorio nei confronti delle differenze ma sappia tenere il punto su quelle che sono considerate conquiste sociali all'interno della cornice della nostra matrice culturale. ( uguaglianza nel rispetto della differenza ).
Questo è certamente un capitolo complesso e di tale vastità da dover essere trattato a parte.


In generale:

Non possiamo non tenere conto della devastante crisi occupazionale europea.
Il corridoio umanitario col Nord Africa serve per salvare vite, ma non è indefinitamente sostenibile come tale.
Gli assetti istituzionali e commerciali del nostro paese e del nostro continente, piuttosto, devono essere ridefiniti e devono essere stabili e sostenibili. Ciò permetterà anche la gestione del fenomeno migratorio concorrendo in primis a fare in modo che non esistano grandi masse di disperati.
Dando una picconata all'UE e alla Nato il mondo ne guadagnerebbe.

Il problema essenziale è lasciare all'Africa e al Medio Oriente una possibilità per farcela sulle proprie gambe, e questo passa attraverso la necessità di contestare il sistema economico in casa nostra.
Non aiutiamoli a casa nostra, tutti, senza domandarci come, à la Boldrini, e nemmeno retorica del aiutiamoli a casa loro, eterna scusa leghista per non fare nulla mentre si firmano Dublino II e Dublino III, creando disordine per poi lucrarci elettoralmente sopra.
Il ribaltamento di paradigma che propongo è quello del cominciamo ad aiutarli DA casa nostra, cambiando le politiche che vengono applicate cominciando da qui, che presuppone anche la logica del poter essere d'aiuto per gli altri cominciando dall'aiutare sé stessi come precondizione necessaria.
Se rinunciamo a fare discorsi complessivi nella presunzione che "tanto la gente non capisce", in una fase di pesante crisi anche nei nostri paesi, il rischio è consegnare i ceti popolari a chi prima firma Dublino II-III e poi, dopo aver creato in questo modo buona parte del problema, specula elettoralmente sulle contraddizione che i regolamenti UE creano.

La paura del domani è una leva potentissima, in una fase in cui purtroppo - e non certo per colpa degli africani, ma casomai dei banchieri - ci ritroviamo anche qua a dover provare questa paura.
Per questo credo che una narrazione di solidarietà, quindi socialista, debba essere complessiva e sistemica.
Il problema è riuscire a comunicarla in modo efficace.
Certamente però - la questione immigrazione ne è solo l'ultima dimostrazione - vige il principio che chi non ha nulla da ridire sul capitalismo e il neocolonialismo non ha niente di serio da dire e da proporre a proposito di nulla.
E ciò vale a cominciare dalla sinistra carina, che a forza di cercare di tirar su quattro voti con l'antisalvinismo, sta riuscendo a produrre soltanto l'effetto contrario e ciò fare permanentemente campagna elettorale ad una Lega ormai quasi completamente fascistizzata.