Ovvero del senso di una gigantesca ipocrisia che torna comoda a tutti.
L'onestà intellettuale alle volte passa attraverso il dire grazie a chi ti ha fatto un favore, anche quando fa male.
Dovreste almeno ringraziarlo, il PD, per il favore che vi ha fatto.
Ché riorganizzare un intero programma politico sulla liberalizzazione della ganja e sul sostituire un po' di "o" con delle "a" alla fine delle parole ( e se ha senso chiamarsi "avvocata" vorrei capire che vi ha fatto di male il mio amico fisioterapista che non ha diritto di farsi chiamari "fisioterapisto", nonostante sia pene-dotato ) pur di non scendere nel merito di problemini quali:
- "come cazzo risolviamo il problema della disoccupazione giovanile sulla soglia del 50%" e
- "che posizione prendiamo su un'unione bancaria" che suona tanto di "è la Germania che sta ponendo fine all'eurozona nella maniera a lei più vantaggiosa e del sistema produttivo italiano rimarranno solo sul tappeto rimasugli semifalliti da acquistare a bassissimo costo",
sarebbero stati veramente cazzi da cagare.
- "come cazzo risolviamo il problema della disoccupazione giovanile sulla soglia del 50%" e
- "che posizione prendiamo su un'unione bancaria" che suona tanto di "è la Germania che sta ponendo fine all'eurozona nella maniera a lei più vantaggiosa e del sistema produttivo italiano rimarranno solo sul tappeto rimasugli semifalliti da acquistare a bassissimo costo",
sarebbero stati veramente cazzi da cagare.
Cazzi da cagare con annessa responsabilità del dover ammettere pubblicamente di aver delirato sulle analisi e sulle proposte, ininterrottamente, nel corso degli ultimi almeno 3 lustri.
Invece così potrete ancora sperare di ritirare su un altro 3,2% sventolando una bandiera arcobaleno.
Vi hanno fatto un piacere.
Lo hanno capito tutti.
Qua ci son 3 milioni di persone che se la son pigliata in saccoccia un'altra volta, e almeno una trentina di milioni di persone che avrebbero bisogno di un partito di classe centrato sulle reali contraddizioni del presente, che avrebbero avuto rispettivamente solo da guadagnarci dall'ottenere i proprio diritti, e dalla FINE DEI VOSTRI ALIBI per non occuparvi di lotta di classe, deficit democratico della UE, € come strumento di lotta di classe dall'alto etc. etc. etc.
Invece, così, SIETE ANCORA UNA VOLTA ESENTATI DAL MISURARVI CON LE CONTRADDIZIONI REALI, e i media saranno felici di darvi uno spazio per occuparvi di cosmesi mentre ci lasciano col culo in mezzo a una strada, perchè l'argomento non li disturba.
Riconoscetelo, almeno, che vi hanno fatto un favore.
Per tutto il resto, le questioni di sostanza, riporto le parole di Riccardo Achilli che trovo essere assolutamente definitive.
COSMOPOLITICA: INVOCANDO LO SPIRITO SANTO
Qua ci son 3 milioni di persone che se la son pigliata in saccoccia un'altra volta, e almeno una trentina di milioni di persone che avrebbero bisogno di un partito di classe centrato sulle reali contraddizioni del presente, che avrebbero avuto rispettivamente solo da guadagnarci dall'ottenere i proprio diritti, e dalla FINE DEI VOSTRI ALIBI per non occuparvi di lotta di classe, deficit democratico della UE, € come strumento di lotta di classe dall'alto etc. etc. etc.
Invece, così, SIETE ANCORA UNA VOLTA ESENTATI DAL MISURARVI CON LE CONTRADDIZIONI REALI, e i media saranno felici di darvi uno spazio per occuparvi di cosmesi mentre ci lasciano col culo in mezzo a una strada, perchè l'argomento non li disturba.
Riconoscetelo, almeno, che vi hanno fatto un favore.
Per tutto il resto, le questioni di sostanza, riporto le parole di Riccardo Achilli che trovo essere assolutamente definitive.
COSMOPOLITICA: INVOCANDO LO SPIRITO SANTO
[ 24 febbraio ]
Una prima impressione di questa tre giorni che lancia il progetto di Sinistra Italiana.
Positiva l’energia che si respira, la grande determinazione a
rilanciare un progetto di riscatto della sinistra. Si capisce che
stavolta si vuole scommettere veramente su qualcosa di non ancora ben
delineato. Positiva la presenza diffusa di militanti giovani e
giovanissimi. E’ positivo che, nelle parole di Mussi, che parla di
tempesta economica perfetta, in quella di tanti costituzionalisti, che
evidenziano la possibile fine della democrazia parlamentare, nelle
parole preoccupate di Prospero, vi sia la netta consapevolezza della
gravità estrema della situazione.
E proprio questa
consapevolezza diffusa di quanto grave sia lo stato del Paese e del
mondo rende poco comprensibile una certa leggerezza dei temi
programmatici trattati da quella che sarà la dirigenza di quel nuovo
soggetto politico. Nemmeno una parola sull’euro, da parte di nessuno, ma
in compenso una cacofonia sulla necessità “storica” di proseguire nel
processo di unificazione europea, gli Stati Uniti d’Europa, l’omaggio
oramai stereotipato a Ventotene, il progetto, che si ripete nelle bocche
di ogni oratore, di fare una fantomatica alleanza politica
transnazionale con Podemos, Syriza, socialisti portoghesi, per cambiare i
Trattati. Qualcuno degli oratori arriva persino ad ipotizzare un unico
partito di sinistra europeo, non si capisce come, non si capisce in
quale forma, se al di fuori dalle famiglie politiche europee esistenti
(una Internazionale del keynesismo?) oppure dal di dentro (e allora
sarebbe bene studiare e capire che esistono già, in una assise che si
chiama Parlamento Europeo, il problema è che quella assise non ha alcun
reale potere).
Eppure per tanti
mesi è stato largamente detto, e spiegato (e quindi non tenerne conto è
imperdonabile) che un’area valutaria comune con grandi divergenze fra i
parametri macroeconomici di ogni partecipante, e priva di meccanismi di
perequazione interna di tali divergenze, è costretta automaticamente a
seguire la direzione delle politiche economiche del Paese leader, quello
con la più robusta credibilità sui mercati finanziari. Quindi tu puoi
fare tutte le alleanze europee che vuoi (ammesso e non concesso che ci
si riesca, fra l’altro il quadro politico spagnolo è ancora incerto, e
il fragile Governo portoghese rischia di esplodere in ogni momento per
le sue stesse contraddizioni, mentre Syriza è oramai impegnata ad
applicare un memorandum di austerità ancor più terribile di quelli del
passato, e sarebbe difficile per Tsipras tornare indietro senza dare
automaticamente ragione ai suoi detrattori), puoi fare il partito
transnazionale, l’Internazionale de noantri, ma alla fine sei costretto,
se vuoi rimanere dentro l’euro, a seguire le politiche del leader. Il
quale non cambierebbe mai la direzione delle sue politiche economiche,
sulla quale la Merkel e la Cdu/Csu si giocano il loro futuro, nemmeno se
a fare pressione ci fosse una coalizione politica in grado di includere
anche lo Spirito Santo.
Ed al limite, ove
messa alle strette da troppe richieste di cambiamento delle regole
dell’austerità, la Germania ha già dimostrato, con Schaeuble, di non
aver tante remore ad immaginare una rottura traumatica dell’euro.
Evidentemente fatta nei tempi e nei modi che convengono alla Germania ed
all’area delle economie nordiche ad essa legate, affossando
definitivamente nel default le economie mediterranee, per poi farne
campo di conquista. E tutto questo non è teorico: lo si intravede nel
piano tedesco che vorrebbe imporre alle banche di aumentare il
patrimonio di sorveglianza per tener conto del rischio-Paese sui titoli
pubblici detenuti, che produrrebbe automaticamente o il collasso
creditizio finale oppure quello dei conti pubblici, o tutti e due, nei
Paesi indebitati. Non si riesce nemmeno ad evocare un piano B come
strumento di pressione per ottenere il piano A del cambiamento dei
Trattati, un piano B che, come suggerito, tra gli altri, da Lafontaine,
preveda un sistema di cambi a parità centrale e ampi margini di
oscillazione, che consenta di assorbire tramite le oscillazioni del
cambio, anziché del salario, le esigenze di competitività di costo, e di
recuperare sovranità monetaria.
Non riuscire a dire
una simile ovvietà significa non essere nemmeno in partita. Significa
non saper dare alle parole tanto sbandierate in questa tre giorni, come
giustizia sociale o redistribuzione, un significato superiore a quello
dell’aria fritta. Confondere il ritorno a valute nazionali in un sistema
europeo simil-Sme con il nazionalismo aggressiva da ustascià, come
hanno fatto molti degli intervenuti, è, nel migliore dei casi, il frutto
di un blocco psicologico, basato sull’incapacità di affrontare una
analisi sbagliata fatta in tutti questi anni. Significa non voler
accettare che la crisi democratica e sociale in atto è il portato di una
globalizzazione che svuota lo Stato nazionale di ogni possibilità di
difesa.
E più in generale
manca completamente una visione realistica di politica internazionale.
Sento qualcuno, purtroppo con incarichi istituzionali, dire che la
chiave di tutto è abolire il permesso di soggiorno. Decidendo di non
fare politica, perché la politica significa governare, non rinunciare a
governare. Significa non capire che il fenomeno migratorio va governato,
certo con metodi non brutali come quelli della destra o del Governo
danese ma con il massimo di accoglienza e di integrazione, puntando ad
integrare i migranti in un sistema di diritti crescenti, sia per loro
che per i lavoratori italiani, evitando il rischio di guerre fra poveri.
Ma il flusso va governato, perché è una esigenza che tocca il senso
identitario e di sicurezza proprio degli strati popolari che una
sinistra dovrebbe ambire a rappresentare. Si rinuncia a capire che è
ovvio che si debba offrire il massimo della solidarietà e
dell’integrazione socio-culturale e lavorativa all’immigrato che
attraversa il mare per venire da noi, ma la vera chiave di volta è
creare le condizioni affinché egli non sia costretto alla scelta
dolorosa di emigrare. Il che significa recuperare la vecchia parola che
si chiama “anti-imperialismo”, che da Lenin e dalla Luxembourg ha
rappresentato il cuore dell’analisi internazionale delle sinistre.
Nell’insieme, siamo
ancora alla narrazione analgesica, al minestrone di buonismo, pacifismo
di maniera, ambientalismo accademico (purché compatibile con la
crescita economica, mi raccomando) privo di analisi sociale e di
qualsiasi reale spirito antagonistico, proposte di reddito minimo
garantito alla Negri-Vercellone che non tengono conto della complessità
di un welfare a misura del proletariato cognitivo, che richiede
strumenti di riqualificazione professionale, oltre che monetari. Il
tutto nel solito quadro contraddittorio e conflittuale rispetto alle
alleanze, che fa sì che, con una mano, si critichi il Pd come partito
irrimediabilmente spostato al centro, e dall’altro si dia la possibilità
di parlare a Cuperlo, che propone improbabili alleanze per un
improbabile centrosinistra di ritorno. Che Cuperlo sia un interlocutore
essenziale per le imminenti sfide referendarie non implica che lo si
faccia addirittura parlare, disorientando persone entrate in SI proprio
perché non condividevano la condotta gattopardesca della SinistraDem.
Questo minestrone
programmatico e questa ambiguità tattica le conosciamo, sono quelle
degli ultimi anni. Vale il 3% circa dell’elettorato. Se così dovesse
essere, allora il progetto si ridurrebbe ad una operazione meramente
commerciale di lancio di un nuovo brand, ed una apparenza di processo
unitario guidato tutto dall’alto e da tatticismi di posizione rispetto
al Pd, che, esaurito l’effetto-annuncio, riporterebbe sui valori
elettorali marginali di questi anni. Una operazione che farebbe comodo
solo a chi è geneticamente nato per fare da stampella al Pd, o a chi ne è
uscito solo nella speranza di rientrare.
Se si vuole evitare
un simile percorso, allora bisogna lavorare nella chiarezza. Che è
quella che chiede l’elettorato, non composto certo da politici di
professione o da amanti della tattica di posizione, ma da persone che
chiedono risposte chiare a dei problemi concreti, e coerenza dei
comportamenti e delle scelte rispetto alle risposte stesse. Iniziare a
dire che il problema è l’Europa, e che se non si riuscirà a cambiarla
occorrerà fare altre scelte. Che si identifica chiaramente l’area
sociale che si vuole rappresentare, e che tale area sociale richiede un
welfare specifico, anche innovativo, ma caratterizzato da elementi di
inclusione reale (non il reddito minimo ma il reddito di inserimento, ad
esempio) e di politiche economiche e dei redditi idonee a rilanciare la
domanda, le prime, ed a riequilibrare il rapporto fra salario e
capitale, le seconde. Che l’ondata di cambiamento tecnologico che sta
investendo le economie mature in questi anni richiederà, in futuro, di
ragionare su temi come l’equilibrio fra una sempre minore necessità di
lavoro e la garanzia di benessere diffuso ed equamente distribuito,
altrimenti finiremo in un Medioevo dove la cittadella di chi manovra le
leve della tecnologia sarà assediata dai tanti esclusi privi di
riconoscimento lavorativo, e quindi sociale. Che gli aspetti negativi o
esplosivi della globalizzazione vanno governati cercando di agire sulle
cause strutturali che li originano. Non subiti o affrontati in modo
buonista o umanitario, un po’ con la logica della compensazione delle
esternalità sociali negative per terrore di tornare a ripiegarsi su
concetti, in realtà neutrali, ma apoditticamente colorati di valenze
negative incomprensibili, come la comunità nazionale o le comunità
locali, come suggeriscono le sinistre liberalsocialiste incarnate dai
partiti appartenenti al Pse. Che il diritto all’inclusione
socio-lavorativa ed a una vita libera da affanni materiali è, come
minimo, importante tanto quanto i diritti civili (io direi più
importante di questi). E che per fare questo non servono strane
piattaforme informatiche, consultazioni on line o illusioni di
partecipazione diretta, o ingannevoli spontaneismi dal basso che alla
lunga non reggono alla durezza della fatica del governo, ma corpi
sociali robusti e dotati della capacità di fare sintesi degli interessi
sociali che intendono rappresentare, e mediazione rispetto agli
interessi contrapposti. E che per fare questo occorre recuperare il
meglio delle culture politiche socialiste, comuniste, socialdemocratiche
e cattolico-sociali, attualizzandolo alla situazione. Che questo
recupero non si fa con i tavoli di lavoro di tre giorni o con qualche
chiacchiera su facebook, ma con un confronto intellettuale che sia il
frutto dello studio e dell’analisi.
E bisogna dire che
tutto questo è preliminare ai ragionamenti sul posizionamento nell’arco
politico. Centrosinistra, ulivismo, oppure, alternativamente,
contrapposizione ex ante rispetto al Pd sono marchingegni tattici utili a
coltivare diversi tipi di orticelli, ma che non interessano minimamente
agli elettori. Le alleanze devono essere guidate dalla proposta, non
discusse quando la proposta non c’è. Da questo punto di vista, è
condivisibile chi dice che, dalle amministrazioni locali guidate in
alleanza con il Pd, occorre scendere man mano che tali amministrazioni
vanno a scadenza. Per ricominciare daccapo. E dal capo giusto, che è
quello della cultura politica. Non da quello degli apparentamenti.
Se non si dicono
queste cose, non si dice niente di nuovo o di autonomo. Non si può
ambire a rappresentare la “trasformazione”, come spesso detto durante la
tre giorni. O si finisce per essere schiacciati dall’europeismo
acritico e dal liberalismo moderato tipico del socialismo europeo, o ci
si allinea alla demagogia grillina della democrazia diretta. Oppure si
fanno narrazioni, ma oramai, come disse un famoso napoletano, ‘o presepe
nun ce piace chiù. La vedo molto, molto dura.
* Fonte: Sinistra in Rete
Nella foto palloni gonfiati che aleggiano sul popolo. Per fortuna non aleggiano tra il popolo, anche perché se scendessero a quel livello rimedierebbero solo scaracchi in faccia. |
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